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Brennero, distensione Austria-Italia

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Brennero, distensione Austria-Italia

  • –Manuela Perrone

ROMA

I controlli al Brennero saranno rafforzati ma, almeno per ora, Schengen è al sicuro. L’incontro di ieri al Viminale tra il ministro dell’Interno Angelino Alfano e la sua omologa austriaca Johanna Mikl-Leitner è servito a salvare il salvabile. E, rispetto a due giorni fa, quando Mikl-Leitner aveva minacciato di chiudere il valico preventivando l’arrivo di 300mila migranti in Italia nel 2016 lungo le rotte del Mediterraneo (il doppio del 2015), i toni si sono decisamente abbassati.

Lo ha dimostrato innanzitutto la nota congiunta diramata al termine del vertice: «I due ministri hanno convenuto di intensificare la collaborazione bilaterale tra le polizie dei due Paesi nel monitoraggio e controllo della comune frontiera con l’obiettivo strategico di garantire la fluidità di passaggio al Brennero e di salvaguardare la libera circolazione prevista da Schengen». Tradotto: più vigilanza, più uomini, più scambio di informazioni. Ma insieme il riconoscimento comune che la libera circolazione va rispettata e tutelata. Nessun passo indietro: non dopo 31 anni, non su un passo a 1.375 metri d’altezza cruciale per il collegamento tra l’Europa meridionale e quella settentrionale. La chiusura del Brennero alle sole imprese di trasporto creerebbe perdite per 172 milioni di euro l’anno.

C’è un altro punto su cui Alfano e la collega austriaca hanno concordato: la «grande condivisione di intenti» in materia di asilo e di rimpatrio e la volontà di lavorare insieme «per una politica europea comune fondata su un’ambiziosa riforma del regolamento di Dublino». Partita su cui l’Italia - così esposta agli sbarchi, insieme alla Grecia - insiste da tempo, per lo più inascoltata.

Se l’Austria (tra i Paesi che da mesi hanno sposato la linea dura contro i migranti e tra i principali sponsor della chiusura della rotta balcanica) ha messo sul tavolo i suoi timori e la richiesta di presidiare adeguatamente i valichi, l’Italia ha rassicurato, difendendo il lavoro delle forze di polizia, i progressi sul fronte dell’identificazione di chi arriva e il funzionamento dei quattro hotspot. Finora peraltro - ha fatto notare Alfano - non ci sono campanelli d’allarme alla frontiera con l’Austria.

L’allentamento della tensione non ferma comunque i piani degli austriaci: avviare prima dell’estate, stagione che spaventa, check point stradale e corsie per verificare l’identità di chi viaggia. D’altronde Mikl-Leitner ha sì assicurato che il suo governo farà il possibile «per garantire la libertà di movimento attraverso il passo del Brennero» ma ha anche aggiunto che se salirà il numero di migranti che tenterà di recarsi verso l’Austria «saremo costretti a intensificare i controlli di frontiera». Come il monitoraggio sia compatibile con l’esigenza di non bloccare un traffico da 40mila veicoli al giorno è tutto da dimostrare.

Il presidente della provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, che ieri ha visto a Innsbruck il vicecancelliere austriaco e il governatore del Tirolo, ha annunciato che entro fine maggio saranno completate le opere infrastrutturali per intensificare i controlli dei profughi al confine. Ma ha anche chiarito che «per giungere a una reale e concreta soluzione serve l’impegno dell’Europa». Occorre «che tutti gli Stati Ue si muovano nella stessa direzione», sia sul fronte dell’accoglienza che su quello della distribuzione dei profughi.

Un appello in questo senso è arrivato dal ministro francese agli Affari europei, Harlem Désir. In visita ad Atene, Désir ha chiesto ai Paesi europei di rispettare gli impegni di aiuto alla Grecia e di accelerare ricollocamenti e riammissioni. Che, l’Italia lo sa bene, sono al palo. I migranti sbarcati sulle nostre coste da inizio anno sono 19.638, di cui 18.584 partiti dalla Libia. Settemila in più dei 12.615 registrati nello stesso periodo del 2015. Ma non ancora tali, fanno notare al Viminale, da far pensare che a fine anno diventeranno 300mila come crede l’Austria. Sarà appunto la Libia, e il destino del governo di unità nazionale del premier Fayez al-Sarraj, il test decisivo.

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