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Caso Regeni, scontro tra Egitto e Italia. Torna a Roma…

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il ricercatore ucciso al cairo

Caso Regeni, scontro tra Egitto e Italia. Torna a Roma l’ambasciatore italiano. Allo studio sanzioni

Passano i giorni dalla morte di Regeni, il ricercatore italiano scomparso al Cairo il 25 gennaio scorso e trovato morto il 3 febbraio, ma non c’è ancora una verità su quanto realmente accaduto. Nel frattempo i rapporti tra Italia ed Egitto si fanno sempre più tesi. L'ambasciatore italiano al Cairo, Maurizio Massari, è rientrato stamattina a Roma richiamato per consultazioni con il governo dopo il fallimento dell'incontro tra gli inquirenti italiani ed egiziani di venerdì scorso. Massari è arrivato nella capitale stamattina e martedì è atteso l'incontro con il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, impegnato in questi giorni in Giappone per il meeting dei ministri degli Esteri del G7.

Intanto l'Egitto ha espresso la propria «irritazione per la tendenza politica» che, ad avviso del ministro degli Esteri Sameh Shoukry, l'Italia sta mostrando nella gestione del caso Regeni. La diplomazia egiziana ha diffuso un comunicato del ministro degli Esteri dopo un colloquio telefonico con Gentiloni. Shoukry riferisce di avere espresso al collega l'auspicio che l'Italia comprenda come le indagini egiziane sull'uccisione del giovane ricercatore italiano debbano procedere «nel completo rispetto delle leggi per la protezione delle libertà individuali», ribadendo il concetto di tutela della privacy dei cittadini egiziani invocato a Roma dagli inquirenti del Cairo come motivazione per non consegnare agli italiani le informazioni sul traffico telefonico nelle aree di rilievo per l'indagine.

Il ministro degli Esteri egiziano, secondo la nota, ha chiesto di evitare «pressioni» sugli inquirenti. Intanto La Repubblica ha rivelato che il team investigativo italiano (tre uomini dello Sco della polizia e tre del Ros dei carabinieri), che si era recato al Cairo per seguire gli sviluppi delle indagini sulla morte di Regeni, sarebbe stato monitorato per otto settimane, tra il 5 febbraio e il 30 marzo, dai servizi segreti egiziani. Secondo il quotidiano la «cooperazione» da parte degli organi della polizia egizia sarebbe stata praticamente nulla e, di fatto, i sei investigatori del team sono stati tenuti agli “arresti domiciliari” nella palazzina liberty che ospita l'ambasciata italiana a Garden City.

Dopo il fallimento del vertice tra magistrati e investigatori italiani ed egiziani, il Governo italiano starebbe mettendo a punto nuove mosse per convincere gli egiziani a collaborare. Secondo il Corriere della Sera si potrebbe arrivare a «uno “sconsiglio” formale a recarsi per turismo in Egitto» e alla «sospensione di alcuni accordi bilaterali, compresi quelli tra università». Ma è allo studio anche «la richiesta a organismi internazionali come l’Onu o la Banca Mondiale affinché stigmatizzino l’atteggiamento del Cairo riguardo al rispetto dei diritti umani». Possibilità da esaminare che saranno sul tavolo di Gentiloni nel corso delle consultazioni con l’ambasciatore Massari a partire da martedì prossimo.

Una possibilità, quella di fare leva sul settore turistico, sponsorizzata anche dal presidente della Commissione Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini: «Esaurito l'elenco delle misure simboliche bisognerà adottarne di nuove. Per esempio si potrebbe inserire l’Egitto nella “lista nera” dei Paesi pericolosi compilata dalla Farnesina, sconsigliarlo come meta per i nostri turisti e ricercatori. La vicenda di Giulio dimostra proprio questo: che nessuno può sentirsi più al sicuro in Egitto», ha detto Casini in un’intervista al Messaggero.

L'Italia è tra i principali paesi che alimenta i flussi turistici dell'Egitto (siamo al quarto posto dopo russi, inglesi e tedeschi), una risorsa importante per quel Paese con una incidenza sul Pil del 15-20%. La prospettiva che l'Italia decida di ricorrere a sanzioni economiche sul caso Regeni avrebbe un impatto economico consistente. Nel 2014 i turisti italiani che si sono recati in Egitto sono stati circa 650mila rispetto ai 504mila dell'anno precedente.

Sul caso Regeni è intervenuto anche il premier Matteo Renzi in un’intervista al Tg5. «Abbiamo sempre avuto un buon rapporto con l'Egitto, però, parliamoci chiaro qui c'è un giovane italiano che è stato torturato ed ucciso. Per rispetto alla sua famiglia e al nostro Paese abbiamo il diritto e il dovere di conoscere la verità. Non potremmo fermarci se non davanti alla verità, quella vera, non quella accomodata».

Secondo Gentiloni «le indagini investigative nel mondo si fanno molto spesso basandosi sui tabulati, sulle intercettazioni. Se non ci fosse il traffico di celle telefoniche, buona parte delle indagini che si fanno anche nei Paesi più attaccati alla privacy non si farebbero. Io rispetto gli argomenti dei governi con cui abbiamo a che fare però bisogna giudicare con buon senso, e il buon senso dice che nelle indagini si usano questi strumenti. Dalle Alpi alle Piramidi».

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