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Regeni, appello all’Europa. Le rivelazioni dei familiari della…

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scontro diplomatico con l’Egitto

Regeni, appello all’Europa. Le rivelazioni dei familiari della «banda dei 5»

«Regeni è stato ucciso con evidenti segni di tortura: penso che la cittadinanza europea vada esercitata anche in questo caso. Quando un cittadino europeo viene trattato in questo modo, credo che l'Europa dei diritti debba ribadire tutta insieme la richiesta di verità su un caso come questo». Lo ha detto la presidente della Camera, Laura Boldrini, intervenendo al convegno “Da Roma a Lisbona e oltre: la costruzione di una nuova comunità politica” in corso a Montecitorio. Un appello cui si unisce anche il presidente della Commissione Esteri Pier Ferdinando Casini.

«Fa bene l'Italia con il governo Renzi a pretendere dall'Egitto verità e giustizia sul caso Regeni. Un Paese, che sta cercando di esercitare una leadership nel Mediterraneo, non può dimenticare che nel corpo martoriato di Regeni c'è la dignità di una Nazione». Casini, in una intervista all'Unità, rivolge un invito all'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea, Federica Mogherini: «Io mi auguro che come il ministro Gentiloni ha provveduto al richiamo del nostro Ambasciatore, così la responsabile della diplomazia europea studi, proponga e attui analoghe iniziative ritorsive. Non chiediamo questo alla Mogherini in quanto italiana, glielo chiediamo come europea».

Intanto dall’Egitto arrivano nuove rivelazioni. La morte di Giulio Regeni «ha sconvolto il mondo. Ma qui ci sono cinque persone uccise e nessuno ne parla». «Nostro padre aveva avuto dei guai con la legge, per essersi spacciato per un poliziotto di basso rango e mio marito era con lui, ma avevano abbandonato ogni attività criminale dopo essere usciti di prigione sei anni fa. Non avrebbero mai portato mio fratello a fare qualcosa di illegale. Lui aveva un buon lavoro, vendeva macchine». È il racconto al Corriere della Sera di Rasha e di suo fratello Sameh, i cui familiari sono stati accusati della morte del ricercatore italiano, in una delle versioni trapelate sulla stampa egiziana.

I corpi del padre, del fratello e del marito di Rasha sono stati trovati crivellati di colpi. I documenti di Giulio in una borsa a casa di una loro zia. «Gente come noi non conta niente. Ma se il governo crede che dimenticheremo si sbaglia, perché siamo anche noi esseri umani», afferma Rasha, a sua volta ricercata - come dice al quotidiano - per essersi opposta alle autorità. «Quella borsa era di mio fratello Saad. Il portafogli con la scritta “Love” è di mia madre. I soldi erano il frutto della vendita di un'auto a un tizio di Dubai. La polizia ha messo i documenti tra le nostre cose durante la perquisizione - dice Sameh - Non può essere stato nessun altro. E la prova è che tra gli oggetti c'è il portafogli marrone di mio fratello: lo aveva con sé quando lo hanno ucciso». I due giovani negano che il padre abbia rubato i documenti di Regeni: «Non è mai successo. E poi Giulio non sarebbe andato a denunciarlo?».

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