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De Giorgi: non mi dimetto per i corvi

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De Giorgi: non mi dimetto per i corvi

  • –Sara Monaci

potenza

Ieri in procura, a Potenza, è stata la giornata del capo di stato maggiore della Marina, Giuseppe De Giorgi, indagato per abuso d’ufficio nell’inchiesta sul traffico illecito di influenze nel porto di Augusta (Siracusa), parte del più ampio dossier che include l’indagine sulla Total di Potenza e il presunto inquinamento nel sito petrolifero di Viggiano.

Di De Giorgi si è parlato come intermediario per la concessione del nuovo pontile e su di lui sono usciti dossier anonimi pubblicati da alcuni organi di stampa, oltre a ricostruzioni giudiziarie sul suo presunto intervento per velocizzare le procedure. «Si tratta di fango, non ho mai avuto la possibilità di un contraddittorio tempestivo, ma è solo fango orchestrato per distruggere la mia reputazione. Evidentemente c’è qualche corvo che mi teme ma non mi dimetto per loro. Non sono comunque – ha aggiunto fuori dal tribunale – interessato a prolungare l’incarico. E non ho mai parlato con il presidente Mattarella o con il premier Renzi per questo». L’ammiraglio ha rilasciato in procura spontanee dichiarazioni per circa due ore mentre il suo avvocato, Pietro Nocita, ha presentato istanza di archiviazione. Relativamente ad alcune informazioni riportate anche nei dossier anonimi, De Giorgi risulta ora indagato anche dalla Procura Roma.

Venerdi 22 aprile, intanto, i pm di Potenza ascolteranno Gianluca Gemelli, compagno dell’ex ministra Federica Guidi (dimessasi proprio per l’inchiesta), tra i principali indagati per traffico di influenze illecite. Dagli atti di una terza informativa, depositata a settembre 2015, emergono nuovi retroscena legati a Gemelli. Il supposto ruolo illecito dell’imprenditore del settore ingegneristico comincia a delinearsi con le prime intercettazioni svolte sul caso della società Outsourcing, che ottiene delle irregolari agevolazioni finanziarie attraverso documenti anche a firma del governatore Marcello Pittella e di Vito De Filippo (si veda il Sole 24 Ore di ieri). L’incartamento giudiziario, però, restituisce anche altri retroscena. Un caso sono gli interessi economici di Gemelli in Sicilia, tra Augusta e Siracusa. La squadra mobile di Potenza, guidata da Carlo Pagano, ha rilevato l’intenzione di Gemelli di accaparrarsi commesse con Ias, l’Industria Acqua Siracusana, una società per azioni costituita negli anni ’80 e che si occupa anche del trattamento chimico, fisico e biologico delle acque di scarico reflue civili e industriali. Lavori che, però, lo stesso Gemelli – come si rileva nelle intercettazioni – sa di non poter ottenere in quanto «nominato nel consiglio di amministrazione della società». Ma era ad Augusta che il suo business sarebbe dovuto decollare. Stando all’informativa, infatti, l’obiettivo era di ottenere – attraverso la presunta illecita intercessione del capo di Stato maggiore De Giorgi – la concessione di un pontile con annesse condotte, per creare il più grande polo nel Mediterraneo di stoccaggio del petrolio. L’intenzione era di attrarre svariate multinazionali nel suo sito, così da riuscire a ottenere guadagni per stime che si aggirano attorno ai 10 milioni di euro annui.

Infine, nella terza informativa della squadra mobile, gli investigatori hanno individuato l’interesse del «quartierino romano» (la presunta associazione per delinquere di cui avrebbero fatto parte, tra gli altri, Gemelli e Nicola Colicchi) per le commesse ottenute da Finmeccanica e Fincantieri per l’ammodernamento della flotta militare, come stabilito dalla Legge Navale 2014 con stanziamenti per 5,4 miliardi di euro. Il capitolo, preme specificare, non è sotto inchiesta.

Intanto, per quanto riguarda il filone sul presunto inquinamento nel sito Eni di Viggiano, ieri il Tribunale del Riesame si è riservato per la decisione di dissequestrare due aree. L’Eni, inoltre, ha diramato ieri una nota con riferimento ad alcune intercettazioni agli atti dell’inchiesta secondo le quali il sottosegretario alla Salute ed ex presidente della Basilicata Vito De Filippo – indagato, ma nei cui confronti la procura sarebbe orientata a chiedere l'archiviazione – si sarebbe interessato per far assumere in Eni il figlio di Rosaria Vicino, sindaco di Corleto Perticara, finita ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta potentina. L’Eni precisa, che «l’Amministratore delegato della società non si occupa in alcun modo di assunzioni, in generale e tantomeno di quelle in Val d’Agri, e non è mai stato contattato da alcun soggetto su questo tema. Peraltro, la persona cui si fa riferimento nelle intercettazioni, qualificata come figlio del sindaco di Corleto Perticara, non è mai stata assunta in Eni».

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