ROMA - Il merito dei quesiti resta sullo sfondo. Il referendum sulle trivelle sarà il primo test del Renzi contro tutti. A parte il Pd che fa riferimento al premier-segretario (e gli alfaniani di Ncd) nessuna altra forza politica ha infatti sposato la linea dell'astensione. Al contrario, tutti i partiti e la stessa minoranza dem stanno facendo campagna per una massiccia partecipazione al voto. Il «no» o il «sì» contano poco e nessuno domani sera rimarrà sveglio per attendere l'esito dello scrutinio. Il verdetto si avrà già alle 23, alla chiusura dei seggi, quando si conoscerà la percentuale dei votanti.
Una battaglia che dunque ha come principale obiettivo quello di assestare un colpo al premier. Anche perché il fronte anti-astensione è tutt'altro che omogeneo. A partire dalla minoranza dem dove il «sì» del lucano Roberto Speranza e il «no» di Pier Luigi Bersani (ma anche di Romano Prodi e Massimo D'Alema), è frutto soprattutto delle diverse sensibilità territoriali (in Basilicata il fronte contrario è maggioritario al contrario che in Emilia Romagna dove il costo occupazionale è più alto). Differenze che vengono completamente oscurate dalla comune decisione di partecipare al voto.
Vale anche per l'opposizione. Anzi per le opposizioni. I grillini sono tutti schierati per il «sì». Ma la campagna referendaria più che sulle trivelle, è concentrata tutta sul premier tant'è che i pentastellati hanno annunciato di voler denunciare Renzi e l'ex capo dello Stato Giorgio Napolitano per il reato di «induzione all'astensione». I grillini sono stati però bruciati sul tempo dal segretario di Rifondazione, che ha già presentato la denuncia alla Procura di Roma. Accusa rilanciata anche dal capogruppo alla Camera di Fi Renato Brunetta. Il partito di Berlusconi sul merito è invece diviso (con la significativa eccezione del capogruppo al Senato Paolo Romani, che ha annunciato che non andrà a votare). Se infatti il governatore della Liguria Giovanni Toti, in linea con le dichiarazioni del suo omologo veneto, il leghista Luca Zaia, fa campagna per il «sì», Brunetta, così come il responsabile formazione di Fi, Alessandro Cattaneo hanno già anticipato il loro voto contrario. Nessuna defezione invece nella Lega anche se il fatto che la Lombardia non sia stata tra le regioni promotrici fa capire che la battaglia anti-trivelle non è in cima ai pensieri di Roberto Maroni. Schierata per il sì è anche Si e tutti i vari cespugli a sinistra.
Divisi su voto o astensione sono invece i centristi. Se nell'Ncd di Angelino Alfano prevale il partito della non partecipazione, come ha lasciato intendere il capogruppo alla Camera Maurizio Lupi definendo questo referendum «inutile», l'Udc invece andrà a votare. Il segretario Lorenzo Cesa si è espresso a favore del «sì» e ha bacchettato il ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti, vicino a Pier Ferdinando Casini e schierato per il no, dicendo pubblicamente che la sua posizione «non rappresenta» quella del partito. Lo stesso Casini poi è intervenuto per denunciare quanti «oggi biasimano Renzi» mentre «ieri organizzavano l'astensione per il referendum sulla procreazione assistita». E sulla stessa linea è anche Paola Binetti che ha annunciato che non andrà a votare. I verdiniani invece lasciano libertà di coscienza anche se la portavoce di Ala, Manuela Repetti ha ribadito, che «la maggioranza dei parlamentari è contraria a questo referendum ed è dunque favorevole all'astensione».
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