Mondo

Bruxelles apre all’Italia sul «migration compact»

  • Abbonati
  • Accedi
le tensioni in europa

Bruxelles apre all’Italia sul «migration compact»

  • –articoli di Beda Romano e Nicoletta Picchio

BRUXELLES - dal nostro corrispondente Beda Romano

Una prima discussione a livello europeo del piano strategico sull’immigrazione presentato venerdì dal governo italiano potrà tenersi domani quando in Lussemburgo si terrà un incontro dei ministri degli Esteri dei Ventotto previsto da tempo. L’obiettivo italiano è di alimentare il dibattito, ricordando quanto sia necessaria una risposta ampia all’emergenza migratoria, mentre la Commissione europea presenterà a breve un’attesa riforma del Principio di Dublino, e quindi delle regole sull’asilo nell’Unione.

Il piano strategico proposto dall’Italia prevede forme di cooperazione tra i paesi di destinazione e i paesi di origine: da un lato aiuti europei e dall’altro collaborazione nei ritorni dei migranti. In genere le prime informali reazioni qui a Bruxelles oscillano tra un apprezzamento di massima per una serie di proposte in parte già discusse a livello europeo e un atteggiamento curioso ma guardingo dinanzi alla novità relativa al finanziamento della strategia europea sul fronte dell’immigrazione.

Spiegava ieri un diplomatico nazionale: «In linea generale, il piano riprende i principi decisi a La Valletta. La vera novità sono gli strumenti finanziari. Ciò detto, l’iniziativa non è ancora dettagliata». Il riferimento a La Valletta è al vertice tra i Ventotto e i leader africani che si è tenuto a Malta nel novembre scorso. In quella occasione, le parti si erano accordate per considerare il tema dell’immigrazione «una responsabilità condivisa dei paesi di origine, di transito e di destinazione».

In una dichiarazione su Twitter, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha avuto parole positive, ma di circostanza (si veda Il Sole-24 Ore di ieri). D’altro canto, il piano strategico italiano è ambizioso. Agli occhi di molti osservatori, ha il merito di guardare al medio-lungo periodo, oltre l’emergenza di questi mesi, consapevole di come la crisi migratoria rischi di essere un problema da gestire per anni. Proprio per questo, non sarà facile metterlo in pratica.

Prima di tutto, prevede la collaborazione dei paesi di origine e di transito, che non sempre sono pronti a cooperare. A La Valletta, per esempio, il presidente senegalese Macky Sall aveva protestato: «Non si può insistere sui rimpatri degli africani, quando invece si accolgono i siriani. È discriminatorio» (si veda Il Sole-24 Ore del 13 novembre 2015). Nel contempo, il piano italiano prevede accordi europei su vari versanti, in particolare riguardo il finanziamento.

Su questo fronte, i primi commenti sono cauti. Da un lato, molti paesi sono consapevoli dei costi elevati di gestire la questione migratoria; dall’altro, al di là del nodo puramente finanziario, ci si interroga sul significato politico di eventuali «obbligazioni europee comuni», come vengono chiamate nel testo italiano. Ciò detto, l’intero piano strategico poggia su una considerazione generale: la dimensione esterna all’Unione è decisiva per la tenuta interna dell’Unione, in un momento in cui l’Austria annuncia la chiusura del Brennero per paura di arrivi di migranti.

In altre parole, per salvare lo Spazio Schengen bisogna prima di tutto proteggere le frontiere esterne. Mentre su questo fronte l’Italia rilancia con nuove proposte, si discute di una revisione del Principio di Dublino, che prevede l’asilo nel paese europeo di primo arrivo. Bruxelles ha presentato due opzioni: una di ricollocamento dei profughi in tutta Europa nei casi di emergenza; l’altra che instaura un nuovo sistema di redistribuzione da utilizzare in via permanente. «Per ora, il tema – confermava venerdì un diplomatico - continua a creare divisioni tra i Ventotto».