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«Stato di povertà permanente con Brexit»

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«Stato di povertà permanente con Brexit»

Brexit condannerebbe il Regno Unito a uno stato di “povertà permanente”: questo l’allarme lanciato dal Tesoro britannico in vista del referendum del 23 giugno. Se gli elettori voteranno a favore di un'uscita dall'Unione europea, le conseguenze economiche saranno disastrose sul lungo termine, secondo un rapporto pubblicato ieri. Non si tratterebbe quindi di una crisi passeggera, di una difficile fase di transizione o di un calo temporaneo del Pil, tutti scenari già prospettati da economisti e centri di ricerca in caso di Brexit. Il Tesoro vuole sottolineare invece che la decisione di lasciare la Ue causerebbe danni permanenti e irreversibili all’economia britannica e al tenore di vita dei suoi cittadini.

«Lasciare la Ue sarebbe auto-infliggersi una gravissima ferita, - ha detto George Osborne, cancelliere dello Scacchiere. – È il caso di domandarsi se vale la pena di pagare un prezzo così alto». Altrettanto negativo il monito lanciato ieri dal ministro del Tesoro italiano Piercarlo Padoan che un’uscita di Londra dalla Ue è «una grave minaccia per l’Unione, perché danneggerebbe in prima istanza la Gran Bretagna ma poi anche il resto dell'Europa». In un’intervista al Financial Times, Padoan ha dichiarato che Brexit «invierebbe un forte segnale a tutti i nemici dell’Europa che la Ue può essere disfatta» e rallenterebbe quindi il processo di integrazione. Quanto alla Gran Bretagna, si troverebbe fuori dal mercato unico ad avviare negoziati «molto lunghi e che non avrebbero grandi risultati».

Anche il ministro dell'Economia francese, Emmanuel Macron, ha detto in un’intervista alla Bbc che la Gran Bretagna uscirebbe «del tutto distrutta» dalle trattative commerciali post-Brexit perchè la sua «forza negoziale attuale è dovuta solo al fatto che fa parte della Ue». I Paesi Ue, ha concordato ieri Osborne, «non avrebbero alcun interesse o incentivo a offrire alla Gran Bretagna un accordo migliore di quello che ha adesso».

Il rapporto di 200 pagine del Tesoro britannico prende in considerazione tre scenari possibili post-Brexit: entrare a far parte dello Spazio economico europeo come la Norvegia; negoziare un accordo bilaterale con la Ue come il Canada o la Svizzera; restare solo membro dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) senza accordi specifici con la Ue. L’opzione norvegese, secondo i calcoli del Tesoro, costerebbe 20 miliardi di sterline, 2.600 per ogni famiglia britannica, entro il 2030; l’opzione canadese, preferita dal sindaco di Londra Boris Johnson, costerebbe 36 miliardi, 4.300 per ogni famiglia, e porterebbe a un calo del 6,2% del Pil; l’opzione Wto infine avrebbe il costo maggiore, 45 miliardi, pari a 5.200 sterline per ogni famiglia in Gran Bretagna.

La conclusione, quindi, è che «tutte le possibili alternative alla Ue portano a meno commercio, meno investimenti e meno business, a una Gran Bretagna permanentemente più povera». Il quarto scenario, restare in una Ue che rimuove le barriere al mercato unico dei servizi e dell’economia digitale, porterebbe invece a un aumento del Pil del 4% entro quindici anni. Il fronte pro-Brexit ha accusato il Tesoro di allarmismo, dichiarando che «le previsioni del Tesoro non hanno alcun merito».