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Pensioni e uscite flessibili, ecco le misure sul tavolo

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Piano allo studio

Pensioni e uscite flessibili, ecco le misure sul tavolo

ROMA - Un mix tra prestito previdenziale e opzione donna. Con un sistema di “garanzie a catena” per rendere più leggero l'impatto sui conti pubblici nel breve periodo, che prevede il coinvolgimento degli istituti di credito, dell'Inps. E, direttamente o indirettamente, anche dei fondi pensione, che in ogni caso, con una distinta operazione, beneficeranno di una riduzione dell'aliquota fiscale sui rendimenti (attualmente al 20%) di almeno 4-5 punti e un incremento della deducibilità dei versamenti.

È questa una delle 2-3 opzioni che sarebbero rimaste sul tavolo del pool di esperti della cabina di regia economica di Palazzo Chigi, guidata dal sottosegretario Tommaso Nannicini, per rendere più flessibili le uscite verso la pensione. Che si ridurrebbe per ogni anno di anticipo soprattutto per effetto del calcolo con il contributivo per il periodo tra l'uscita e il raggiungimento della soglia di vecchiaia. La penalizzazione (3-4% l'anno) verrebbe attutita con un dispositivo imperniato sul concetto del “prestito”, garantito, almeno in parte, da intermediari finanziari cui verrebbero a loro volta assicurati particolari incentivi. Anche l'Inps avrebbe un ruolo di ulteriore garanzia nei confronti degli istituti di credito.

A far esplicito riferimento alla possibilità di un mix di misure è stato ieri lo stesso sottosegretario alla Presidenza, Tommaso Nannicini. Che ha annunciato che il ricorso al secondo pilastro (previdenza complementare) sarà rafforzato non solo con interventi sul versante dalla tassazione (il ritorno all'aliquota dell'11,5% da quella attuale del 30% costerebbe circa 800 milioni) ma anche della governance (compreso il ruolo della Covip), della concentrazione dei fondi e «anche del rapporto tra risparmio obbligatorio tra primo e secondo pilastro». Una vera e propria riforma che punterebbe a rendere quasi obbligatoria una parte della “copertura previdenziale” attraverso forme integrative e che in questa chiave potrebbe vedere anche nuove misure sulla destinazione del Tfr (anche obbligatoria).

Tornando alla flessibilità, Nannicini ha ribadito che l'attuale sistema previdenziale verrebbe comunque preservato. «Non parlerei di tornare indietro rispetto alla legge Fornero», ha detto il sottosegretario.

La deadline per l'eventuale decollo del piano resta quella della prossima legge di stabilità da varare in autunno, così come confermato nell'ultimo Def, che oltretutto vincola l'operazione a un'accertata compatibilità finanziaria, ovvero solo nel caso in cui lo stato dei conti pubblici lo consenta. Senza il ricorso a quello che Nannicini ha definito ieri «uno sforzo di creatività» e a «soluzioni di mercato» (il coinvolgimento di banche, fondi pensione e, eventualmente, assicurazioni), l'intervento per rendere più flessibile la legge Fornero costerebbe alle casse dello Stato dai 5 ai 7 miliardi a seconda dell'ampiezza del bacino di lavoratori coinvolti (anni di anticipo) e dell'entità delle penalizzazioni.

Un concetto, quello della compatibilità finanziaria, di fatto ribadito dal ministro Pier Carlo Padoan, che si è comunque dichiarato pronto a discutere su strumenti e incentivi in chiave flessibilità. Oltre allo scoglio delle risorse da trovare c'è quello del via libera almeno informale della Ue. Anche perché per Bruxelles i risparmi garantiti dalla riforma Fornero, così come i suoi effetti per assicurare sostenibilità al nostro sistema previdenziale, sono una sorta di punto fermo del dossier Italia. E anche per la necessità di individuare una soluzione che sia compatibile con le indicazioni della Ue, l'ipotesi di un piano da adottare in autunno con la “stabilità” è considerata, al momento, quella preferibile. Ma la possibilità che un intervento per rendere più flessibili le uscite verso la pensione possa essere quanto meno formalmente annunciato prima dell'inizio dell'estate non è ancora del tutto tramontata. L'ipotesi-anticipo è stata valutata nelle scorse settimane a Palazzo Chigi. In ogni caso, a pronunciare l'ultima parola sarà Matteo Renzi.

Una delle altre due opzioni tecniche sul tavolo degli esperti si rifarebbero maggiormente alla proposta del presidente dell'Inps, Tito Boeri: calcolo dell'assegno, a prescindere dall'età di uscita, quasi interamente vincolato agli anni di versamenti effettuati. L'anticipo avrebbe anche l'obiettivo di favorire la “staffetta generazionale”. Un'ulteriore opzione si rifarebbe al potenziamento della previdenza integrativa anche attraverso una spinta più specifica in questa direzione da parte degli accordi aziendali e, più in generale, di una destinazione più vincolante di contributi da parte del lavoratore e del datore di lavoro. Il tutto dovrebbe essere accompagnato da un contributo sempre di natura “generazionale” (quindi all'interno del sistema previdenziale) sugli assegni più elevati e versati con condizioni molto più vantaggiose rispetto a quelle del sistema attuale.

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