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Davigo attacca la politica, scontro con il Pd

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Davigo attacca la politica, scontro con il Pd

Roma

Ironico, tagliente, provocante, durissimo, il neopresidente dell’Anm Piercamillo Davigo spara a zero contro «i politici senza vergogna» che «non hanno smesso di rubare, ma hanno smesso di vergognarsi» e che «rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di nascosto». «Peggio» che ai tempi di Mani pulite: il governo «fa le stesse cose» che hanno fatto gli altri, «aumenta le soglie di rilevanza penale, aumenta la circolazione dei contanti», dice dalle colonne del Corriere della sera. E nel pomeriggio rincara la dose, per nulla intimorito dalle critiche di molti suoi colleghi e del vicepresidente del Csm Giovanni Legnini che lo accusa di «alimentare un conflitto di cui la magistratura e il Paese non hanno alcun bisogno». Né lo sfiora l’alzata di scudi del Pd e della maggioranza, che bollano le sue parole come «discorsi da bar» (Ferranti) e che lo invitano a parlare «soltanto con le sentenze» (Ermini). Un invito che equivale a dire «che dobbiamo stare zitti» dice durante la lectio magistralis al master in prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e corruzione organizzato dall’Università di Pisa. Davigo invece continua a parlare. «Ci dicono che abusiamo della custodia cautelare? Sono senza vergogna». «C’è stato un decadimento qualitativo della classe dirigente politica, basta osservare la sintassi del dibattito politico. Il problema è che la classe politica che c’era allora (ai tempi di Tangentopoli, ndr) non ha pensato alla successione». «La classe dirigente di questo Paese quando delinque fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente di strada e fa danni più gravi». Soltanto in serata, si convince a stemperare la tensione. E dice di essere stato frainteso. «Mi spiace che alle mie dichiarazioni sia stato attribuito un significato diverso da quello che hanno. Non ho mai inteso riferirmi ai politici in generale, ma ai fatti di cui mi sono occupato ed a quelli che successivamente ho appreso essere stati commessi. Non ho mai pensato che tutti i politici rubino, anche perché ho più volte precisato che se così fosse non avrebbe senso fare processi che servono proprio a distinguere».

Chi lo conosce si aspettava qualche esternazione pungente, ma non un Davigo addirittura «incendiario», che «cerca la rissa ma non l’avrà». È così che nella maggioranza sono state vissute le parole del neopresidente. Un’offensiva che ha preso in contropiede persino molti magistrati, di ogni corrente. Tanto più che Davigo è stato eletto alla guida dell’Anm per rappresentare tutte le posizioni e le sfumature della magistratura. Non è escluso che la sua rettifica serale sia stata in qualche misura indotta dai vertici dell’Associazione. Oltre che dal Quirinale. Già in mattinata, Luca Palamara, togato di Unicost al Csm ed ex presidente dell’Anm, aveva commentato con fastidio l’intervista al Corriere: «Le generalizzazioni non mi piacciono. Non dobbiamo cadere nella trappola del conflitto». Stesso ragionamento da Antonello Racanelli, Procuratore aggiunto a Roma e leader di Mi (corrente in cui Davigo ha sempre militato, uscendone di recente e creando Autonomia e indipendenza): «Bisogna evitare di alzare la tensione tra politica e magistratura, che non fa bene a nessuno». Critico anche Nicola Gratteri.

Sul fronte politico, mentre il leader della Lega Matteo Salvini fa sapere che incontrerà Davigo, dai 5 Stelle arriva la solidarietà piena al presidente dell’Anm. Con Alessandro Di Battista che, rivolto al Pd, lancia l’hashtag «Avranno mica la #codadipaglia?».

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