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Panama Papers a rischio beffa

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Panama Papers a rischio beffa

  • –Marco Mobili

Panama Papers a rischio beffa per l’Italia. Allo stato attuale non esiste una base legale a supporto delle richieste dell’amministrazione italiana per ottenere dallo Stato del centroamerica dati e informazioni sui circa 800 italiani (o residenti in Italia) emersi dall’inchiesta giornalistica che ha svelato i nomi dei clienti dello studio Mossack Fonseca.

La beffa nasce dalla mancata ratifica dell’accordo bilaterale tra Italia e Panama contro le doppie imposizioni in materia di imposte sui redditi e per prevenire l’evasione fiscale. Marco Causi (Pd) relatore in commissione Finanze al Ddl sull’accordo in questione lo definisce «un paradosso particolarmente imbarazzate» visto che l’Italia «per il proprio ritardo nella ratifica di tale Accordo, il quale è stato invece ratificato da Panama nel maggio 2011, non sarebbe in condizione di effettuare le richieste di dati e informazioni alle autorità panamensi». Parole riportate fedelmente dal resoconto della seduta della commissione Finanze della Camera che mercoledì scorso ha votato con l’astensione dei 5stelle e di Sel il parere sul Ddl di ratifica all’esame di Montecitorio, per inviarlo così alla commissione Affari esteri.

Occorre dunque creare rapidamente un quadro giuridico solido che non faccia cadere nel vuoto le richieste di informazioni del fisco italiano. In neonato G5 informale (costituito da Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna e Italia), nell’ambito del G20 che si è tenuto a Washington a metà aprile, ha sottolineato l’importanza che il Governo acceleri - in sede bilaterale e in sede multinazionale - per incentivare le legislazioni che ancora non assicurano un regime di piena collaborazione in materia fiscale e finanziaria. Panama dal canto suo si sta muovendo per aderire al Common Reporting Standard (Crs) messo a punto dall’Ocse, secondo cui gli Stati possono ottenere informazioni dalle loro istituzioni finanziarie permettendone lo scambio automatico con altre giurisdizioni per contrastare l’evasione e l’elusione fiscale internazionale. Al momento il Global Forum sulla trasparenza fiscale e lo scambio di informazioni, nell’autunno del 2015, su Panama ha approvato il rapporto della cosiddetta «Fase 1» del processo di valutazione e ora si passare alla «Fase 2».

In attesa che si completi questo processo diventa strategica l’approvazione della Convenzione Italia-Panama. Basti pensare che la Convenzione, all’articolo 25, cancella il segreto bancario nei rapporti tra i due Stati assicurando «lo scambio di informazioni in materia fiscale e finanziaria tra le autorità competenti dei due Stati». Non solo. Con l’approvazione della Convenzione il fisco italiano, così come l’autorità panamense, potrà inoltrate richieste di informazione relative a qualsiasi data «entro i tre anni precedenti all’entrata in vigore della Convenzione stessa». Una chance che non è prevista da diversi altri accordi bilaterali e che rappresenta un aspetto tuttaltro che secondario alla luce dei Panama Papers.

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