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«La magistratura non sia strumento politico»

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«La magistratura non sia strumento politico»

Luca Palamara, magistrato membro del Csm ed ex presidente dell’Anm, commenta le divisioni dell’Associazione magistrati dopo che il nuovo presidente Piercamillo Davigo ha sostenuto che i politici continuano a rubare, ma non si vergognano più.

L’Anm è tutta schierata sulla linea di Davigo?

C’è stato un dibattito in questi giorni, io sono rimasto anche stupito del fatto che si è molto parlato di questo tema e di questa discussione. Ci sono stati dei comunicati, c’è stato il comunicato di Aria, c’è stato il comunicato di Magistratura indipendente.

Cioè, ci sono posizioni differenti?

Ci sono state delle posizioni differenti che hanno rimarcato la diversità di opinione e di idee rispetto a quelle che erano state le opinioni espresse dal Presidente Davigo. Poi a certa stampa fa piacere enfatizzare le singole posizioni individuali.

Quindi?

È ovvio che siamo tutti contro i ladri e contro chi ruba. Ma l’articolo 27 della Costituzione dice una cosa: che la responsabilità penale è personale. Quindi io penso che ogni forma di generalizzazione rischia di sortire l’effetto contrario, non si capisce poi chi è che realmente ha rubato.

I magistrati devono parlare solo con le sentenze come dice il premier Renzi?

Il passaggio che si parla solo con le sentenze io non lo condivido perché se a esempio, c’è l’iter di approvazione di un’importante legge, è quanto meno opportuno che chi conosce la realtà possa esprimere le sue opinioni.

Quindi ha torto Renzi?

Io lo integrerei: ha torto se si parla solo con le sentenze perché la funzione dell’Anm deve essere proprio quella di portare come è sempre stato un contributo tecnico su quello che è l’impatto che una legge può avere sul sistema. L’importante è che non si utilizzi la magistratura come strumento perché una parte politica prenda il sopravvento sull’altra, qui siamo completamente lontani dalla realtà e rischiamo di mettere, sì, in discussione tutto il sistema di equilibrio tra poteri dello Stato.

Ma i magistrati devono applicare la legge o affermare una loro superiorità morale?

È ovvio che devono applicare la legge, il che non significa che non possano esprimere idee e opinioni. Se noi, però, scambiamo il magistrato come un fustigatore dei costumi della società o come una sorta di censore, secondo me travalichiamo completamente dal ruolo che il magistrato deve avere oggi, deve far sentire la voce, dare il contributo in tema delle riforme questo è importante.

Come si difendono le intercettazioni e allo stesso tempo la privacy e perché nell’udienza preliminare non si riesce a separare ciò che serve alle indagini da ciò che è privato?
Perché la realtà delle indagini, la realtà di quello che avviene in Italia è che spesso, soprattutto parlo dei maxi processi di droga contro i narcotrafficanti, c’è una mole di intercettazioni talmente enorme che viene scaricata, mi perdoni la parola, sul dibattimento o sul processo e non ci si riesce a mettere mano.

Ma chi dovrebbe fare questa separazione?

L’opera di selezione deve essere fatta dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria. Noi avevamo suggerito di individuare un luogo, che poteva essere la cosiddetta udienza stralcio, un luogo nel quale davanti a un giudice il pubblico ministero e la difesa discutono di ciò che serve al processo e di ciò che, invece, è irrilevante.

Però non capita

Purtroppo non c’è un termine obbligatorio e, quindi, questo crea tutta questa situazione nella quale un’enorme mole di intercettazioni viene, tra virgolette, una parte portata al processo - quella che serve - l’altra lasciata così in sospeso e utilizzata per altri fini. In questo bisogna trovare l’equilibrio.

Come?

La strada, secondo me, appunto è questa di rendere obbligatoria l’udienza stralcio.

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