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Le imprese austriache: «No alla chiusura»

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Le imprese austriache: «No alla chiusura»

  • –Roberta Miraglia

Le imprese austriache bocciano l’ipotesi di controlli alla frontiera con l’Italia. «L’ultima cosa che vogliamo è una barriera al Brennero» dice Christoph Leitl, presidente della Camera di commercio federale austriaca (Wko) che riunisce 500mila aziende.

L’ampiezza del potenziale danno all’ecomomia la raccontano due numeri: in Austria l’export rappresenta il 60% del Pil; il Paese ogni anno vende all’estero beni e servizi per circa 200 miliardi di euro. L’Italia per Vienna è il secondo partner commerciale e la Germania, che ha ripristinato i controlli mesi fa, ne è il primo.

Ma le conseguenze economiche della crisi scoppiata l’estate scorsa, già evidenti su più fronti dalle merci al turismo, diventeranno una catastrofe per tutta l’Europa se il governo austriaco darà seguito agli annunci come è ormai evidente nelle ultime ore. Coinvolgendo non soltanto Austria e Italia ma anche la Germania e mezza Europa servite dal corridoio merci più importante del continente.

Gli autotrasportatori austriaci hanno messo a punto un piano per non fermare l’economia e sul modello di quanto avviene tra Stati Uniti e Messico propongono, per lo scenario peggiore, l’istituzione di un albo di aziende “sicure” con il compito di sigillare i camion al fine di immetterli in una corsia veloce, saltando le code al confine.

Leitl prevede che le perdite per l’economia austriaca potrebbero ammontare a 1,2 miliardi di euro l’anno. Altre stime sono ancor più pesanti. «Secondo i calcoli delle imprese di trasporto - spiega Michael Berger, console commerciale dell’Austria per l’Italia - nella situazione attuale si contano danni per 2,5 milioni di euro al giorno e se la chiusura fosse generalizzata il conto salirebbe a 8,5 milioni».

Il valico è il passaggio più importante delle Alpi e i tre quarti delle merci vanno su strada. L’interruzione del traffico per controllare i documenti sarebbe un colpo duro per regioni ricche e strettamente connesse le une alle altre, nel cuore dell’Europa. Invece di chiudere i confini, sostiene Leitl, Germania, Austria e Italia dovrebbero mettersi d’accordo per proteggerli adeguatamente da flussi incontrollati con l’ausilio di Frontex e la creazione di hotspot.

La storia sembra però andare in un’altra direzione. Già oggi, sottolineano i responsabili trasporti di Wko, i problemi stanno aumentando. I tempi di attesa al confine con la Germania non sono prevedibili: dalle due alle tre ore; ancora poco in confronto alle sette ore in Ungheria e Bulgaria. Senza contare che per l’Austria è molto importante economicamente anche la rotta dei Balcani, sigillata negli ultimi mesi per impedire l’ingresso ai migranti. Un miliardo di euro è l’export verso la Croazia, in crescita del 10%, mezzo miliardo quello in Serbia.

L’inverno scorso le località turistiche del Tirolo hanno perso circa il 30% di presenze dice Petra Nocker-Schwarzenbacher, responsabile Turismo per Wko. Sono venuti meno i turisti dal Nord: tedeschi, olandesi, svedesi e bavaresi giornalieri o del fine settimana a causa delle tre ore circa di coda per rientrare in Germania. Così, oltre che al bollettino meteorologico, gli albergatori delle Alpi guardano con apprensione a quello delle frontiere. «Forse siamo solo all’inizio - afferma Petra Nocker-Schwarzenbacher - non oso pensare cosa accadrà se anche il confine a Sud verrà coinvolto».

Alle ferite economiche si aggiunge la violazione di un simbolo potente per gli austriaci. «Fra due anni ricorrerà un secolo dalla divisione del Tirolo (con l’annessione all’Italia dell’Alto Adige, ndr) - sottolinea Berger - e vent’anni fa la Ue, eliminando i controlli, ci ha fisicamente riuniti». Il Brennero non è solo un corridoio per le merci. È la pietra miliare della pacificazione dei popoli d’Europa.

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