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Fondi ai partiti, lobby, conflitti di interessi: Camere al test…

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Fondi ai partiti, lobby, conflitti di interessi: Camere al test trasparenza

  • –Manuela Perrone

ROMA

Mentre sul Pd cade la tegola di Lodi, che si somma a quella ancora calda di Caserta, la maggioranza in Parlamento accelera sulla riforma dei partiti. E cerca di salvare dalle sabbie mobili anche il disegno di legge per la regolamentazione delle lobby e quello sul conflitto d’interessi. La cronaca costringe a trasformare la trasparenza in parola d’ordine, anche se tra il dire e il fare ci sono di mezzo tante incognite: i numeri, soprattutto in Senato, la campagna elettorale in corso per le amministrative di giugno e il referendum di ottobre, la reale volontà della politica di autoriformarsi.

Riecheggia nei palazzi romani il monito del presidente Anac Raffaele Cantone, che sabato su queste pagine ha sottolineato come la lotta alla corruzione passi prioritariamente da regole chiare sui finanziamenti alla politica e da un intervento sulla selezione del personale politico. La prima prova sarà la riforma dei partiti per l’applicazione dell’articolo 49 della Costituzione: ieri il relatore in commissione Affari costituzionali di Montecitorio, Matteo Richetti (Pd), ha depositato il testo base. Con alcune novità di rilievo.

La prima riguarda proprio il capitolo fondi, ancora più delicato in vista dell’addio al finanziamento pubblico nel 2017. Lo spiega Richetti: «Oggi i partiti possono incassare fino a 100mila euro senza alcun obbligo di rendere pubblico il donatore. Il testo prende atto del parere del Garante della privacy, secondo cui va tutelato il diritto alla riservatezza, e propone una soluzione: fino a 5mila euro per i partiti c’è soltanto il dovere di iscrivere la somma a bilancio, da 5mila a 15mila la pubblicità avviene dietro consenso di chi dona, ma sopra i 15mila euro i donatori sono resi pubblici in ogni caso sul sito del Parlamento, dove sarà istituita una sezione “trasparenza”». Per il deputato dem è una «svolta» che recepisce il monito di Cantone.

La proposta permette inoltre agli iscritti di un partito di accedere all’elenco di tutti gli altri e colma quella che per Richetti è una lacuna dell’Italicum: la nuova legge elettorale prevede che al momento del deposito del nome e del simbolo delle liste si depositi anche lo statuto, ma non contempla sanzioni per chi non lo fa. Saltata la norma ribattezzata “anti-M5S” che puntava a escludere dalle elezioni i partiti che non si dotassero di statuto, si introduce al suo posto l’obbligo di presentare una dichiarazione di trasparenza, pena la ricusazione, con alcuni elementi minimi: il legale rappresentante del partito o del gruppo e la sede legale; gli organi e la loro composizione; le modalità di selezione dei candidati, che siano primarie o consultazioni on line o indicazioni dei vertici. Nessuna norma sulle liste pulite, però, anche quella auspicata da Cantone.

Entro venerdì la commissione dovrebbe adottare il testo base. Il termine per presentare gli emendamenti è fissato a martedì, con l’obiettivo di arrivare in Aula il 23 maggio. Ma non sono sopiti i dissidi con i Cinque Stelle. «Non si parla di trasparenza, non si fa alcuna menzione delle fondazioni, da dove arrivano i soldi che finanziano i partiti: in sintesi, resta totale oscurità», afferma Danilo Toninelli. Il Movimento rilancia con un pacchetto anticorruzione, una “Carta dell’onestà” che va dagli appalti al falso in bilancio, in risposta a un «Pd sempre sotto inchiesta».

Partita ancora più complessa è quella che si gioca in commissione Affari costituzionali del Senato, alle prese con il doppio fronte delle regole per le lobby e del conflitto di interessi. Su quest’ultimo testo, che è stato approvato dalla Camera a fine febbraio e riforma la legge Frattini del 2004, è in corso la discussione generale. I cantieri sono aperti e i malumori, soprattutto di Forza Italia, evidenti.

Spinto dall’inchiesta di Potenza che ha portato alle dimissioni della ministra Federica Guidi, si riaprirà infine il dibattito sulla regolamentazione dei “portatori di interessi”. La scorsa settimana, dopo che il termine era stato riaperto, sono piovuti 377 emendamenti al testo base a prima firma Luis Orellana (ex M5S, ora Per le autonomie) che si era arenato un anno fa e che prevede l’istituzione di un pubblico registro dei lobbisti, sanzioni e un comitato per il monitoraggio a Palazzo Chigi (ma in molti propongono che se ne occupi l’Anac). La presidente della commissione Anna Finocchiaro fa sapere che le votazioni cominceranno il 17 maggio. Tutte le forze politiche riconoscono che il regolamento approvato dalla Camera per i soli deputati il 26 aprile non basta. Tutti ricordano che in Europa la regolamentazione avanza. Ma i tempi stringono, e il rischio di nuovi buchi nell’acqua è alto.

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