Italia

I «paletti» dei conti e di Bruxelles

  • Abbonati
  • Accedi
L’analisi

I «paletti» dei conti e di Bruxelles

  • –di Dino Pesole

Il dossier delle pensioni si riaprirà con la prossima manovra di bilancio, annuncia il presidente del Consiglio Matteo Renzi, che per la flessibilità in uscita conia anche un nuovo acronimo: «Ape». Uscite anticipate con decurtazione dell'assegno, che oltre alla prevista concertazione con le parti sociali dovranno superare l'esame di Bruxelles.

Come emerge dalle nuove previsioni sull'economia italiana pubblicate due giorni fa, il macigno di un debito pubblico che per la Commissione Ue resterà quest'anno stabile al 132,7% come nel 2015, e dunque non scenderà al 132,4% come prevede il Governo, resta il principale elemento di preoccupazione e vulnerabilità.

E la sostenibilità del debito pubblico – ribadita da gran parte dei più recenti documenti della Commissione – è garantita anche dalla tenuta del sistema previdenziale. Ecco perché ogni intervento di modifica dovrà essere attentamente calibrato e verificato con Bruxelles.

Occorre valutare in primis l'impatto sui conti pubblici delle soluzioni che verranno prospettate da qui al prossimo autunno, quando si tratterà di inserirle nella prossima manovra di bilancio. Si tratterebbe di almeno 5 miliardi, se il totale fosse posto interamente a carico dei conti pubblici. Anche le ipotesi circolate nei giorni scorsi, dal coinvolgimento delle banche a quello dell'Inps e dei fondi pensione, vanno verificate attentamente con Bruxelles.

Il paletto assoluto che la Commissione Ue ha posto finora è che non venga alterato l'equilibrio finanziario garantito dalle riforme varate dal 1995 in poi. Interventi che puntano a stabilizzare a regime una spesa che resta elevata: il 15,7% in rapporto al Pil, tra il 2010 e il 2015 (il doppio della media Ocse). A conti fatti, i risparmi garantiti dalla legge Monti-Fornero del dicembre 2011 si attestano attorno agli 80 miliardi, se si guarda al periodo 2012-2020. È vero che le diverse salvaguardie disposte per circa 124mila esodati hanno comportato una maggiore spesa di 12 miliardi. Ma nel complesso – secondo Bruxelles – quella riforma dovrebbe garantire i risparmi attesi, fermo restando che gli effetti dell'invecchiamento della popolazione (studiato in buona parte dei dossier europei), unito agli effetti della crisi sull'occupazione (decisivi in un sistema a ripartizione in cui sono gli attivi a finanziare gli assegni dei pensionati), potrebbero rendere necessario intervenire nuovamente negli anni a venire. La sostenibilità del sistema previdenziale compare non a caso tra i principali «fattori rilevanti», o «mitiganti» che si possono mettere in campo nel confronto in atto con Bruxelles per quel che riguarda il rispetto della «regola del debito».

© Riproduzione riservata