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Il discorso del «sogno», come Martin Luther King

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l’analisi

Il discorso del «sogno», come Martin Luther King

Il grande discorso del “sogno”. Il Papa – come già fece Martin Luther King – trasforma le esigenze politiche in urgenze umanistiche. E lo fa sull'Europa, lui che è figlio del continente latino-americano, succeduto sulla Cattedra di Pietro dopo due grandi europei, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI; che proprio sulle radici cristiane del vecchio continente avevano fondato una parte determinante della loro pastorale. «Sogno un'Europa che ascolta e valorizza le persone malate e anziane, perché non siano ridotte a improduttivi oggetti di scarto. Sogno un'Europa, in cui essere migrante non sia delitto bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di tutto l'essere umano» dice il Papa davanti ai vertici delle istituzioni comunitarie e ai capi politici più influenti, che hanno in mano i destini di milioni di migranti che premono ai confini del continente con aspettative di accoglienza che trovano dei muri di nuova costruzione.

E non a caso il Papa cita il Elie Wiesel, il premio Nobel sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti, e parla di Memoria, che non è ricordo, ma fondamento per la creazione della propria storia. La citazione di Wiesel non è certo casuale in un momento in si cavalcano le tendenze estremistiche (come in Austria dove ha trionfato l'estrema destra reazionaria): Francesco, che ha visitato i confini continentali dove la sofferenza dei rifugiati dalle guerre e dalla miseria si scontra con i calcoli politici, come a Lesbo e prima ancora a Lampedusa, richiama l'Europa a riscopri i propri valori, con un metodo chiaro per dare alla luce u nuovo umanesimo, su tre capacità: integrare, dialogare e generare.

Ma la giornata non è stata solo l'occasione di un premio e di un grande discorso-manifesto: prima della cerimonia Bergoglio ha visto la cancelliera tedesca Angela Merkel, l'azionista di riferimento della Ue, attraverso cui passano le decisioni chiave in tutte le materie. Un colloquio lungo, fatto anche di una simbologia chiara: la Kanzlerin ha fatto il suo ingresso nella sala Regia quando ormai tutti erano seduti già da un po'. Un attimo prima del Papa.

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