Santo Padre, Gentili ospiti,
è per me un grande onore e piacere poter intervenire nella Sala Regia in Vaticano in occasione della consegna del premio Carlo Magno a Sua Santità Papa Francesco. Il premio Carlo Magno è un premio dei cittadini istituito
dagli abitanti di Aquisgrana, città che si trova nella regione dove sono nato, al confine tra la Germania, i Paesi Bassi e il Belgio. In quell'epoca il nostro continente, devastato e segnato dalla guerra, era ridotto a un cumulo di macerie. Eppure, i cittadini di Aquisgrana hanno deciso di istituire il premio Carlo Magno per promuovere il processo di unificazione pacifica dell'Europa. Il fatto che oggi Jean-Claude Juncker, Donald Tusk ed io – Presidenti delle tre istituzioni dell'Unione e vincitori del premio Carlo Magno – siamo qui
riuniti per renderLe omaggio dimostra quanto forte sia il nostro sentimento di vicinanza allo spirito dei cittadini di Aquisgrana.
L'Europa sta attraversando un periodo travagliato e si trova ad affrontare quella che potrebbe essere una prova decisiva per la sua unità. Mai come ora l'Europa ha bisogno di cittadini coraggiosi che si adoperino per l'unificazione europea, di persone che scuotano le nostre coscienze e ci ricordino ciò che è veramente importante: la pace, la solidarietà e il rispetto reciproco – la necessità di rafforzare ciò che ci unisce e non ciò che ci divide. È proprio per questo messaggio che oggi Papa Francesco viene insignito del premio Carlo Magno. Voglia gradire, Sua Santità, le mie più sentite congratulazioni.
Argentino, figlio di immigrati italiani, dall'atteggiamento umile e caloroso che riesce a conquistare le simpatie di persone di ogni credo e religione, questo è un Papa che guarda all'Europa dall'esterno in maniera genuina. Quando afferma che “l'Europa che guarda e difende e tutela l'uomo è un prezioso punto di riferimento per tutta l'umanità”, Sua Santità ci rinvia ai nostri valori europei e dunque a noi stessi: allo spirito umanistico europeo.
In Europa abbiamo fatto nostro l'impegno a favore della dignità umana abbandonando consapevolmente il totalitarismo, che nella prima metà del XX secolo ha portato gli uomini a infliggersi l'un l'altro pene inimmaginabili, a ridurre in cenere le loro case e a smembrare le loro famiglie, a imprigionare, torturare e uccidere altri uomini. È stato da questa pagina così nera della storia dell'uomo che nella seconda metà del XX secolo ha visto la luce, dapprima nell'Europa occidentale, un controprogetto straordinario: la democrazia, lo Stato di diritto, la libertà di opinione e la cooperazione fra
popoli oltre le frontiere. L'integrazione europea si fonda sulla consapevolezza che quando in passato ci siamo combattuti ci sono state tragiche conseguenze per tutti, mentre quando siamo rimasti uniti tutti ne hanno tratto beneficio.
Tuttavia, oggi rischiamo di dissipare questa eredità, in quanto le forze centrifughe delle crisi tendono a dividerci piuttosto che a unirci più strettamente. Gli egoismi nazionali, la rinazionalizzazione e il particolarismo nazionale si stanno espandendo. Non vi è dubbio che per quanto riguarda la questione dei profughi l'Europa si trovi di fronte a una sfida epocale. Era dalla Seconda guerra mondiale che non vedevamo così tante persone in fuga in tutto il mondo. Eppure i populisti approfittano della situazione fomentando le paure invece di cercare una soluzione. La paura è comprensibile ma, in politica, è cattiva consigliera.
Dimenticando completamente la storia, 25 anni dopo la caduta della cortina di ferro alcuni vogliono costruire in Europa nuovi muri e recinzioni, mettendo quindi a repentaglio una delle più grandi conquiste europee – la libertà di circolazione. Le persone che fuggono dalla brutalità dello Stato islamico o dalle bombe di Assad non si fermeranno certo di fronte a muri o fili spinati.
Chi afferma che gli Stati nazionali riuscirebbero a risolvere meglio da soli il problema nega la realtà. Come se noi europei fossimo in grado di affermarci e di diffondere il nostro straordinario modello di società in un mondo sempre più globalizzato e connesso mentre il nostro continente si scompone in singoli pezzi.
Signore e Signori,
desidero dirlo chiaramente: l'Europa sta attraversando una crisi di solidarietà e i valori comuni su cui si fonda stanno vacillando.
È pertanto giunto il momento di lottare per l'Europa.
Tutti gli europei sono chiamati a mobilitarsi a favore dell'Europa.
Papa Francesco ci dà motivo di sperare nella nostra riuscita quando afferma che “le difficoltà possono diventare promotrici potenti di unità”. Durante la sua visita a Lesbo egli ha concesso protezione in Vaticano a tre famiglie siriane, dimostrandoci – soprattutto ai capi di governo che si rifiutano di accogliere profughi musulmani nel loro paese cristiano – cosa sono la solidarietà e l'umanità. E quando vedo le decine di migliaia o forse centinaia di migliaia di volontari che a Lesbo, Lampedusa, Monaco e in altre località offrono cibo e acqua, vestiti e coperte a uomini, donne e bambini che fuggono dalla guerra alla volta dell'Europa in cerca di protezione, non ho motivo di angosciarmi per il futuro dell'Europa. Perché queste persone incarnano i valori europei di giustizia, solidarietà e rispetto della dignità umana e mostrano ai rifugiati e al mondo intero il volto di un'Europa umana.
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