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«Renzi va fermato», nuovo caso al Csm

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«Renzi va fermato», nuovo caso al Csm

ROMA

A ventiquattr’ore dal caso-Fanfani, scoppia il caso-Morosini e il Csm torna nell’occhio del ciclone. Con il ministro della Giustizia che convoca il vicepresidente Giovanni Legnini per «un chiarimento», perché in gioco «c’è lo spirito di leale collaborazione che fin qui ha ispirato i rapporti tra governo e Csm». Andrea Orlando si riferisce all’intervista di Piergiorgio Morosini, togato di Area (il cartello delle correnti di sinistra, Md e Movimento per la giustizia) pubblicata ieri a tutta pagina sul quotidiano Il Foglio con il titolo «Perché Renzi va fermato» ma smentita subito dall’intervistato, a partire dal titolo. «Non ho mai rilasciato l’intervista alla cronista del Foglio. Si è trattato solo di un colloquio informale presso la sede del Csm, in merito a un’inchiesta della giornalista su Md», scrive in una nota Morosini, «prendendo nettamente le distanze» da una serie di affermazioni durissime riportate dal quotidiano, sul premier Matteo Renzi e la riforma costituzionale, sul ministro Maria Elena Boschi e sul sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti, su magistrati come Raffaele Cantone, Nicola Gretteri, Gianni Melillo e, via via (si veda il box in questa pagina) fino al Csm, destinatario di «pressioni politiche» sulle nomine dei vertici giudiziari, come la Procura di Milano. Il Foglio, però, conferma e precisa: Morosini «smentisce soltanto il titolo tra virgolette comparso nella versione cartacea del Foglio di oggi (“Perché Renzi va fermato”), che peraltro non compare nell’articolo».

L’intervista deflagra nel plenum del Csm e ne diventa l’oggetto di discussione, così come il giorno prima lo era stato il caso del laico Pd Giuseppe Fanfani, che aveva anticipato alla stampa l’intenzione di chiedere l’apertura di una pratica contro i magistrati di Lodi per l’arresto «incomprensibile e eccessivo» del sindaco Pd Simone Uggetti. «Sono inaccettabili gli attacchi a esponenti di governo e Parlamento» esordisce Legnini a proposito dell’intervista, ricordando che, se il Csm pretende rispetto, deve anche darlo, «nonostante il diritto sacrosanto di critica, anche dura». Legnini non ha dubbi che la smentita di Morosini «sulle modalità di quel colloquio corrisponda al vero» e fa sapere che riferirà al Capo dello Stato (presidente del Csm) la discussione del plenum. Quanto alle presunte pressioni politiche, «nessuno di noi ne ha mai subite - dice Legnini -.Sono fermamente impegnato a respingere qualunque ingerenza». Laici e togati sottolineano il «clima di tensione» creatosi sulla giustizia, seppure con qualche distinguo sulla sua fonte (Fanfani, Davigo, l’arresto di Lodi) mentre Aldo Morgigni, togato di Ai (corrente di Davigo) rilancia l’apertura di una pratica sulla deontologia dei consiglieri e annuncia una richiesta «a tutela dei magistrati di Lodi, dileggiati per ragioni anagrafiche», poiché in un articolo sono stati definiti «baby magistrati». Il primo presidente della Cassazione Gianni Canzio si rammarica che il suo appello del giorno prima «al rispetto dei doveri di riservatezza, discrezione, sobrietà nei rapporti non la stampa, sia rimasto inascoltato». Non sembra pensarla così il presidente dell’Anm Piercamillo Davigo: «L’articolo 21 della Costituzione si applica anche ai magistrati: hanno il diritto di parlare, senza rendere dichiarazioni che creano problemi nei processi che stanno conducendo né avvalendosi di informazioni che hanno ottenuto nel corso del procedimento», dice in un’intervista a Radio Capital, difendendo il diritto di un magistrato di esprimere la propria opinione sul referendum costituzionale. «L’Anm non ha ancora deciso» se e come schierarsi si limita ad aggiungere.

Sul fronte politico, il leghista Roberto Calderoli fa sua la frase di Morosini su Renzi che «va fermato per non rischiare una deriva autoritaria». «Dovrei farmi giudicare da uno così?» domanda invece il responsabile giustizia del Pd David Ermini. Dall’intervista prende le distanze anche Magistratura democratica: «La tempestiva smentita di Morosini conferma che le considerazioni attribuitegli dal Foglio non rappresentano il suo pensiero e tanto meno la posizione di Md, il cui trasparente impegno nel Comitato per il no al referendum costituzionale è finalizzato a rilanciare l’equilibrio dei poteri e non certo a sostenere un potere contro l’altro».

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