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«Sono stato all’inferno». La Shoah raccontata dal…

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«Sono stato all’inferno». La Shoah raccontata dal sopravvissuto Piero Terracina nel salotto di una casa

Si ferma, solo un per attimo. La voce rotta dalla commozione. E fissa il vuoto per un momento. Poi riprende il racconto, guidato da un ricordo nitido e raggelante. Piero Terracina è uno pochi sopravvissuti italiani ai campi di sterminio nazisti ancora in vita: 88 anni portati con vigore, ma accompagnati da uno sguardo segnato dalla visione dell'orrore umano, «dell'inferno, quell'inferno dove io sono stato insieme a tanti altri».
Racconta la sua storia, come fa da molti anni, porta la sua testimonianza perché il ricordo si trasformi in vera “memoria” e prosegua nitida attraverso le future generazioni, quando i sopravvissuti non ci saranno più. Parla in un salotto di una casa romana, poltrone e sedie disposte in cerchio: tutti lo guardano in silenzio dritto negli occhi mentre racconta di come la sua grande famiglia, sette persone deportate insieme a lui a seguita di una vile spiata, sono tutte morte nell'inferno, appunto, di Auschwitz-Birkenau.

Ieri in Israele si commemorava Yom HaShoah - Giornata del ricordo della Shoah -, che nel resto del mondo è il 27 gennaio, giorno della liberazione del maggiore campo di sterminio della storia dell'umanità. E in Italia è arrivata per la prima volta l'idea di riunirsi nei salotti delle case ad ascoltare le testimonianze di un sopravvissuto invitato per l'occasione: 20-30 amici, parenti e persone nuove all'ambiente, che si accomodano sul divano, per ascoltare il racconto dell'ospite d'onore, di chi la Shoah l'ha vissuta sulla propria pelle e ha avuto in dono la possibilità (e l'enorme fardello, spesso insopportabile) di tornare a casa.

Un'idea questa nata nel 2010 da un'organizzazione israeliana di volontariato: Zikaron BaSalon (in italiano “ricordo in salotto”), che solo nello scorso anno ha raggiunto circa 150mila persone e più di 80 case nel mondo. Ieri la Comunità Ebraica di Roma
ha deciso di aderire e aprire cinque salotti nella capitale : oltre a Terracina – ospitato nel salotto di casa Di Porto – ieri sono state ascoltate in altre zone di Roma le testimonianza di Marika Venezia, Edith Bruck, Alberto Sed e Sami Modiano. «Anzitutto l'idea è quella di trasmettere la memoria ai giovani, ai ragazzi» ha detto Giordana Moscati assessore alle politiche giovanili della Comunità, presente all'incontro con Piero Terracina – nel cuore del Ghetto, accanto al Tempio Maggiore - insieme all'assessore alla cultura della Comunità, Giorgia Calò, che ha messo in luce il valore di questa formula di incontro capace di stimolare un “dialogo intimo”.

Terracina ha davanti agli occhi ogni attimo di quei lunghissimi mesi, dal maggio 1944 fino alla liberazione del campo da parte dei russi («quello che vedete ogni anno in un filmato d'epoca non è la vera liberazione, fu filmata una settimana dopo...»), la fame, la sete, le malattie, le punizioni, gli assassini arbitrari da parte delle SS, i rari momenti in cui la mente lasciava il campo, come quando cantava Nedo Fiano - un altro sopravvissuto molto noto, che vive a Milano -, l'ultima immagine della madre al momento dell'arrivo al campo, il ricordo della sorella vista attraverso la rete di separazione, la morte per fame del fratello, eppoi la marcia nella neve, e infine la strada del ritorno, attraverso la Romania. Ogni parola per Terracina è una ferita aperta, ma che deve uscire ed essere trasmessa, per dare davvero una Memoria.

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