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«Caso Morosini di rilievo istituzionale»

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«Caso Morosini di rilievo istituzionale»

  • –Donatella Stasio

ROMA

Parla delle «diverse Italie» della prescrizione – con Tribunali del Sud dove le percentuali sono pari a zero, e Tribunali del Nord dove arrivano quasi al 50% – ma parla anche del caso-Morosini, sottolineandone la «rilevanza istituzionale», che però non si può liquidare semplicemente con «l’inopportunità» di alcune valutazioni politiche espresse dal togato del Csm nell’intervista al Foglio, intitolata (con forzatura ammessa dal quotidiano) «Perché Renzi va fermato». «Non è in discussione la libertà di espressione del magistrato», dice il ministro della Giustizia, ma «una serie di valutazioni date sul funzionamento delle istituzioni», come i giudizi sul Csm (destinatario di «pressioni politiche»), su magistrati (Gratteri), anche impegnati in altre istituzioni (Cantone, Melillo), sulle leggi approvate. «Al di là della possibile forzatura giornalistica», spiega Andrea Orlando, quei passaggi «vanno chiariti fino in fondo nell’interesse del buon andamento del rapporto tra diverse istituzioni». Ed è questo «il senso» dell’incontro con il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini previsto nei prossimi giorni. Intanto domani Legnini salirà al Quirinale: l’appuntamento era già fissato da giovedì scorso ma sarà l’occasione per approfondire con il Presidente della Repubblica (che è anche presidente del Csm) il caso-Morosini e le sue implicazioni istituzionali. Nella prospettiva sia della convocazione di un plenum straordinario sia della redazione di un nuovo codice deontologico. In entrambi i casi, sul tavolo c’è anche il tema, delicatissimo, della partecipazione dei magistrati alle campagne elettorali o referendarie, che sta creando frizioni con la politica ma anche all’interno della magistratura e delle correnti.

Orlando parla durante una conferenza stampa sulla prescrizione. Che, in base ai dati del ministero, si presenta a macchia di leopardo (si veda il Sole 24 Ore di ieri) e che, per essere contrastata, ha bisogno «anche di modelli organizzativi adeguati rispetto al fenomeno», ovvero, precisa il capo di gabinetto Gianni Melillo, «della capacità degli uffici di orientare le scelte in base alle priorità». Dunque, non solo di nuove norme, anche se Orlando conferma che l’obiettivo di arrivare al voto entro l’estate gli sembra «alla portata».

Dalle slide del ministero emerge che nelle Corti d’appello di Venezia, Napoli, Reggio Calabria, Salerno, Torino, Roma, Perugia, Brescia e Ancona, l’incidenza della prescrizione supera la media nazionale del 22%, e arriva quasi al 50% (Venezia), mentre Trento, Bolzano, Palermo, Lecce, Caltanissetta, Trieste, Campobasso non raggiungono neanche il 5%. Anche nei Tribunali l’incidenza è a macchia di leopardo: si va dallo 0,2% di Aosta al 51,1% di Tempio Pausania (Torino è al 2,2%, Roma al 4,6%). Insomma, sulla prescrizione non esiste una «questione meridionale» o una «questione criminale», dice Orlando, né c’è «un rapporto automatico di causa-effetto» con le scoperture di organico, poiché ci sono uffici a ranghi quasi completi ma con alto tasso di prescrizione. Quindi, «il problema delle risorse certamente esiste, ma ancora di più quello di come vengono gestite. Vorremmo che le risorse fossero finalizzate ad aggredire i processi e spetta ai capi degli uffici gestire le priorità».

In generale, sia davanti alle Corti d’appello che ai Tribunali si prescrive il 18% dei procedimenti, mentre si sale al 58% nella fase delle indagini. «È un cattivo segno – spiega Orlando – perché nelle indagini si prescrivono i reati minori, mentre nelle altre fasi i reati più gravi», come quelli contro la Pubblica amministrazione. Per i quali l’incidenza della prescrizione è del 12,5%, e sale al 13,2% per i reati societari, al di sopra della media generale (9,5%). Rispetto al 2013, però, i reati di corruzione si prescrivono un po’ meno (13,3%) e secondo Orlando questo lieve calo dipende dall’aumento delle pene introdotto nel 2012. I dati registrano poi una bassa percentuale di prescrizioni del reato di concussione (2,9%) e nulla, invece, per il reato di induzione indebita (figlio dello spacchettamento della concussione del 2012), neanche menzionato. Il che induce qualche dubbio sulla solidità della rilevazione, non foss’altro perché è stata la cronaca di quegli anni a registrare più di un processo (anche eccellente) finito in prescrizione per il nuovo reato, soprattutto in Cassazione.

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