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Bruciati 230 miliardi di dollari in Borsa dopo la pubblicazione dei Panama Papers

La pubblicazione dei Panama Papers ha avuto un impatto sulle società quotate che possiedono filiali nei paradisi fiscali o in paesi percepiti come altamente corrotti. Tra il 31 marzo e il 7 aprile scorsi queste società hanno bruciato in borsa tra i 222 e i 230 miliardi di dollari. Sono le conclusioni di uno studio dal titolo “The Value of offshore secrets - Evidence from the Panama Papers” realizzato da Hannes Wagner (docente al Dipartimento di Finanza dell'Università Bocconi di Milano), da James O' Donovan (dell'Insead di Fontainebleau) e da Stefan Zeume (dell'Università del Michigan). Lo studio ha analizzato le performance borsistiche di 1.105 società che possiedono filiali a Panama, nelle Isole vergini britanniche, nelle Bahamas o nelle Seychelles, i paradisi fiscali dove erano domiciliate circa il 90% delle società scudo create dallo studio legale panamense Mossack Fonseca.

I tre docenti sono partiti da un campione di 26.655 imprese quotate in 73 paesi, con un totale di 543.151 filiali in 213 territori. Di queste società, 1.105 (il 4,1% del campione) hanno almeno una filiale in uno dei quattro paradisi fiscali e, nei giorni della fuga di notizie, hanno registrato un calo delle quotazioni che supera dello 0,5-0,6% quello delle imprese dello stesso paese e dello stesso settore che non possiedono controllate o consociate nei quattro paesi. Le prime notizie sui Panama Papers sono state pubblicate la sera di domenica 3 aprile e l'effetto negativo sulle quotazioni si è registrato in particolare lunedì 4 aprile e martedì 5.

Il mercato ha due ragioni per punire le società con filiali nei paradisi fiscali, sottolinea Hannes Wagner, uno degli autori dello studio: «Prima di tutto, il fatto di essere coinvolti significa che le autorità potrebbero perseguire le società chiedendo il pagamento di comportamenti scorretti tenuti in passato, per esempio in relazione al pagamento delle tasse. In secondo luogo, d'ora in poi potrà essere più difficile utilizzare le entità offshore nei modi che le imprese ritengono utili, legali o illegali che siano. In altre parole: la fuga di notizie ha significativamente ridotto i benefici attesi delle strutture offshore».

Delle circa 214mila società che appaiono nei Panama Papers, 114mila sono domiciliate nelle Isole vergini britanniche, 48mila a Panama, 16mila nelle Bahamas e 15mila nelle Seychelles. Il rimanente 10% si divide tra Niue (9.600), Anguilla britannica (3.200), Nevada (1.300), Hong Kong (450) e Gran Bretagna (150). Le società esposte nelle Bahamas hanno perso l'1,3% del valore di borsa, seguite da quelle presenti a Panama (-0,8%) e nelle Isole vergini britanniche (-0,7%).

Un'ulteriore penalizzazione del mercato è stata registrata dalle società presenti anche nei paesi percepiti come tra i più corrotti del mondo. Il calo per queste società è stato dello 0,3% in più rispetto ai titoli dello stesso settore e dello stesso paese monitorati nel periodo preso in considerazione. Una percentuale che sale allo 0,65% per le società presenti nei paesi al centro di scandali di corruzione negli ultimi mesi, come Islanda, Argentina, Georgia, Irak, Giordania, Qatar, Siria, Arabia Saudita, Sudan, Emirati Arabi Uniti e Ucraina.

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