Rendere liquido un investimento che per definizione non lo è. È la sfida che hanno davanti coloro che vogliono investire nell’immobiliare, senza rinunciare a una certa rivendibilità del bene, ma prima ancora chi ha già un patrimonio nel mattone difficilmente rivendibile.
Ed è la richiesta di molti clienti “private” e il consiglio che elargiscono i professionisti che li seguono.
Gli italiani con elevate disponibilità economiche hanno impegnato negli anni capitali consistenti nell’immobiliare, tanto che in media si può dire che il 50% dei grandi patrimoni sia investito nel mattone. E ancora oggi, complice lo scarso appeal sotto il profilo rendimento di asset class di investimento come i titoli di Stato o le azioni, molti sono portati a valutare l’investimento nel real estate. Ma la scelta deve essere molto selettiva. E non deve prescindere da alcune caratteristiche basilari che contraddistinguono il buono dal cattivo affare.
Caratteristiche come la qualità dell’immobile, location centrali (meglio se in una grande città), efficienza energetica e collegamento con mezzi di trasporto garantiscono il valore dell’investimento nel tempo e la rivendibilità sul mercato.
Una volta - e vale anche oggi - si diceva, in tema di residenziale, «non comprare mai un appartamento al primo piano perché non si rivende più». La logica è la stessa, trasportata in un più ampio contesto.
Su quali immobili puntare, quindi, se si è intenzionati a investire? Sul bilocale in pieno centro, a Milano, Roma o altre città di richiamo per turisti e universitari ma che abbiano anche un mercato interno. Negozi di lusso in centro, non in periferia perché spesso chiudono per diversi motivi, non ultimo l’arrivo di centri commerciali sempre più all’avanguardia e di forte richiamo per la popolazione.
E chi ha già un patrimonio nel real estate? Quali strategie mettere in atto? «In primis fare la mappatura del proprio patrimonio - spiega Ezio Bruna, presidente di Sequentur e professore al Politecnico di Torino -. Classificando beni a uso della famiglia, o utilizzabili nel futuro prossimo, e immobili acquistati o ereditati che possono definirsi un investimento». L’esercizio deve definire anche la durata, la liquidità, le tasse e i costi operativi di gestione degli immobili. «Anche per capire quali interventi sono necessari per preservarne il valore - continua Bruna -. Importante è anche il capitolo tasse.
La riforma del Catasto avrà un impatto determinante sui costi di una casa. Non solo. Altra analisi da fare è quella del profilo successorio, perché è ipotizzabile una modifica normative per imposte di successione».
Bisogna agire come per ogni altra asset class. «Fare un’analisi per ogni asset di proprietà - continua -, posizionando ogni bene nel ciclo di mercato per capirne la capacità di mantenimento o di crescita di valore nel tempo. Ci sono beni che non producono reddito o perdono valore, e vanno liquidati, anche in perdita. O meglio attualizzando le perdite future». In Italia si contano ben due milioni di immobili vuoti. Ci sono asset che non hanno più mercato e non ne avranno nemmeno in futuro. Un’antica dimora in una zona turistica ambita dagli stranieri può essere venduta o riconvertita in hotel, se nella periferia di una città minore con poche attrattive non ha chance. Anche chi ha creduto di fare qualche affare costruendo qualche villetta in periferia deve fare i conti con la scarsa appetibilità del bene, che nel passare degli anni è diventato anche vetusto. Cosa fare degli immobili “poco smart” che si hanno in portafoglio? Scegliere la via della riqualificazione o vendere per impegnare i capitali smobilizzati in altro modo, puntando su asset facilmente liquidabili o che garantiscano un rendimento interessante e certo nel tempo.
«Il dato sul tempo medio di vendita è fondamentale - dice Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari -, soprattutto oggi che il mercato sta passando dal segno negativo a quello positivo. Nelle fasi positive del mercato i tempi si accorciano e si tende a dimenticare che si potrebbe essere costretti a vendere l’immobile in un momento non propizio di mercato. Nei prossimi anni sarà ancora difficile vendere. La ripresa, di cui si vede qualche timido segnale, sarà selettiva e lenta. Il prodotto buono è più vendibile. Non solo, aumenterà di valore».
Banalizzando quando si va a comprare un immobile bisogna pensare in primis se è facile da vendere.
L’investimento deve essere il più standard possibile. «E se si ha un consistente patrimonio immobiliare tagliare i rami secchi quando è necessario» dice ancora. Ci vuole il coraggio di scendere di prezzo e agire con una logica di portafoglio. Un appartamento sfitto è solo un costo e non tutto può essere riqualificato e ottimizzato.
Ecco perché molti oggi scendono i club deal. «La scelta di effettuare investimenti immobiliari tramite club deal composti da diversi soggetti sicuramente riduce il rischio dell’investimento - dice Daniela Percoco, esperta di real estate e da poco in Crif Res nel ruolo di marketing manager -, anche perché il club deal si focalizza in genere su mercati liquidi, dato che l’obiettivo finale è rivendere in poco tempo».
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