La consulenza finanziaria continua a studiare soluzioni di investimento adeguate ai portafogli di dimensione importante. Anche il private equity appare superato, o non pienamente idoneo a permettere agli High Net Worth Individual di gestire efficientemente il proprio patrimonio. Non c’è ancora un osservatorio ufficiale ma le alternative apprezzabili sono i club di investimento, i “Club Deal”.
Entrare in un Club Deal significa appartenere a una rosa selezionatissima che, oltre ad investire una parte del proprio patrimonio, partecipano allo sviluppo dell’economia reale. La case history italiana di maggior successo è la Tip di Giovanni Tamburi, antesignano dei Club Deal (la prima operazione nel 2002 quando riunì sei famiglie che portò nel capitale di Interpump) ed è oggi tra i più attivi fautori di operazioni di questo tipo.
«È un insieme di famiglie - spiega Tamburi - che decidono di fare un investimento su una singola operazione. Noi stessi siamo un Club Deal di 150 famiglie. È la nostra prerogativa: siamo sempre i primi investitori. Così, ci piaceva l’idea che, oltre all’investimento che le famiglie hanno nella nostra quotata, fossero coinvolte in iniziative specifiche». Il problema di questi investitori è che le gestioni patrimoniali non soddisfano a pieno, hanno immobili industriali che vorrebbero liquidare ma non riescono e faticano a gestire le proprietà nel residenziale.
«Vedo più voglia di fare operazioni che di dismettere – aggiunge Tamburi - perché oggi si dismette male. Tutto questo spinge moltissimo verso club deal». L’operazione su Interpump nacque da un pacchetto societario vacante che veniva da un private equity. «Era troppo piccolo per essere conferito a un altro private equity e troppo grande per una gestione patrimoniale. Abbiamo chiamato un po’ di famiglie dando un’ottica di 4-5-6 anni senza prefissare un’uscita forzata. Tutti i nostri veicoli sono nati senza scadenza, perché può capitare che o non sia opportuno uscire o che non si voglia vendere». Club a geometria flessibile senza un numero minimo di famiglie che possono partecipare nè taglio minimo di investimento. La Tip è entrata in Eataly (19 famiglie), Moncler (7), Prysmian (3). Una modalità che ha avuto anche bisogno di essere ulteriormente strutturata con la nascita di Asset Italia, il “club dei club-deal”. A dispetto dell’incertezza sul mattone, i Club Deal possono essere specializzati in operazioni immobiliari. In Italia però il mercato è piccolo e occorre selezionare molto. Lorenzo Di Rosa, responsabile direzione corporate Real Estate Advisory di Banca Esperia spiega: «Lavoriamo su operazioni che vanno da qualche milione a qualche decina di milioni di euro, con un numero di investitori che va da uno fino a alcune decine. Il club deal è una delle tipologie di servizio che rendiamo disponibili, perchè alcune categorie di asset presentano dimensioni, complessità, esigenze nel processo di investimento che non possono essere affrontate dal singolo, quindi creiamo dei Private Investment Club. Il mondo del real estate è un settore come un altro: nel complesso della ricchezza del nostro cliente target (piccolo/medio imprenditore) gli asset liquidi rappresentano già più di metà della ricchezza e la quota di investimento in real estate non fa la parte da leone in questo momento».
L’Italia, è noto, è un forte mercato residenziale. Il resto – ad esempio, il commerciale - è considerato molto “piccolo” rispetto ad altri paesi europei: nel 2015 questo mercato valeva 250 miliardi in Europa, con l’Italia non arriva al 3%. Ma in questa congiuntura, benché i rendimenti si siano abbassati, l’immobiliare rappresenta un investimento con uno spread significativo rispetto ad altre asset class finanziarie. In che forma? «Alberghi nelle grandi città di business e d’arte (Milano, Roma, Venezia, Firenze), uffici (primariamente Milano e Roma): da questo punto di vista – conclude Di Rosa - si cerca forse la sicurezza, la certezza di avere un rendimento più basso piuttosto che investimento speculativo con rischio di invenduto».
© Riproduzione riservata