Dai Panama Papers affiorano le tracce dell'operazione finanziaria che nell'estate 2006 ha portato alla morte il banchiere dell'Opus Dei, Gianmario Roveraro, ucciso e fatto a pezzi con un machete dal suo socio d'affari Filippo Botteri, condannato all'ergastolo. Negli archivi dello studio legale panamense Mossack Fonseca pubblicati dal Consorzio internazionale giornalisti investigativi (Icij) sono custoditi i documenti che tracciano le società scudo create da Federico De Vittori, il fiduciario svizzero di Roveraro, e utilizzate per un'operazione finanziaria i cui proventi il banchiere voleva destinare all'Opus Dei. Si tratta del cosiddetto “Affare Austria”, una triangolazione tra Svizzera, Austria, Gran Bretagna e il paradiso fiscale di Niue rimasta ancora misteriosa nonostante le indagini svolte dalla procura della Repubblica di Milano. I pm, infatti, si erano concentrati sull'omicidio senza approfondire le circostanze dell'operazione finanziaria che l'aveva scatenato.
L'anti-Cuccia cattolico
Roveraro era un banchiere conosciuto e stimato dalla comunità finanziaria. Negli anni Ottanta aveva guidato la Sige, la banca d'affari del gruppo Imi che lo aveva proiettato nel gotha del sistema bancario italiano facendolo conoscere come l'anti-Cuccia, esponente di una finanza cattolica contrapposta all'ala laica impersonata dal patron di Mediobanca. Uscito dalla Sige, Roveraro aveva fondato la banca d'affari Akros insieme a un gruppo di amici, tra i quali il futuro presidente dell'Istituto opere di religione (Ior), Ettore Gotti Tedeschi, anch'egli vicino all'Opus Dei. La vita di Roveraro si intreccia con importanti vicende finanziarie che caratterizzeranno gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso: la scalata di Raul Gardini alla Montedison, l'affare Federconsorzi, la quotazione in borsa della Parmalat di Calisto Tanzi e l'approdo a Piazza Affari di Benetton. Poi il declino e la scomparsa dalla scena finanziaria.
Il suo nome ricompare improvvisamente sulle prime pagine dei giornali nell'estate del 2006, quando viene rapito e poi ritrovato morto sotto un cavalcavia in provincia di Parma. Le indagini della magistratura ricostruiscono il contesto di quell'omicidio: Roveraro stava portando avanti un'operazione finanziaria insieme ad alcuni faccendieri e al suo assassino, Filippo Botteri, un giovane di Parma che raccoglieva denaro in nero da risparmiatori della ricca provincia emiliana dilapidandolo con il più classico schema Ponzi. L'”Affare Austria” in verità non si era mai concretizzato e Botteri aveva cominciato a considerare Roveraro il responsabile delle sue disgrazie. Di qui il rapimento e l'omicidio.
I veicoli offshore dell'”Affare Austria”
Ora, a distanza di dieci anni, il nome del fiduciario svizzero De Vittori e le tracce di decine di società da lui create spuntano dai Panama Papers. Attraverso la sua società, la Federico De Vittori SA con sede a Lugano, il fiduciario svizzero manovrava più di ottomila entità offshore domiciliate nei paradisi fiscali. Nel 2010 la polizia elvetica lo ha arrestato contestandogli i reati di appropriazione indebita, amministrazione infedele e truffa. De Vittori ha poi accettato una condanna a quattro anni di carcere. Negli archivi della Mossack Fonseca la De Vittori SA è associata a 88 società domiciliate a Niue, Samoa, Isole vergini britanniche, Bahamas, Seychelles ma anche in Nevada.
Roveraro aveva rilevato da De Vittori la Eds (Engineering Data System), una società londinese gestita dallo stesso fiduciario, attraverso la quale si sarebbe dovuta realizzare l'operazione austriaca. I profitti del business dovevano transitare attraverso la Smart Capital International Limited, una scatola vuota posseduta dalla Shar Limited di Niue. Nei Panama Papers sono custoditi i documenti di queste società. Le Smart Capital International sono addirittura tre: una registrata nel 2000 nelle Isole vergini britanniche, la seconda registrata lo stesso anno nell'isola di Niue e la terza a Samoa nel 2007. La moltiplicazione di società con lo stesso nome è uno stratagemma tipico per confondere le acque in caso di indagini.
Due sono anche le Shar Limited: una registrata nel 2003 a Niue, l'altra nel 2007 a Samoa. Tutte sono controllate da azioni al portatore e dunque non è possibile conoscerne i reali beneficiari.
Il 6 e il 7 luglio 2006, prigioniero in un casello idraulico ad Albareto (Modena) prima di essere ucciso, Roveraro chiamerà ripetutamente De Vittori per chiedergli di mettergli a disposizione prima 10 milioni di euro, poi soltanto uno. I soldi non verranno mai bonificati e Roveraro verrà assassinato portandosi dietro il mistero dell'affare austriaco.
La società-fotocopia del San Raffaele
I Panama Papers fanno riaffiorare anche un'altra vicenda che lega De Vittori questa volta a don Luigi Verzè, fondatore dell'ospedale San Raffaele di Milano, scomparso nel 2011. Tra le società registrate dalla Mossack Fonseca c'è, infatti, la Aispo Spa, o meglio ci sono due Aispo Spa: una registrata a Nuie nel 2007 e cancellata nel 2007, l'altra domiciliata nelle Seychelles nel 2007 e cancellata nel 2009. Della vicenda dell'Aispo e di un finanziamento che don Verzè cercava di ottenere per la costruzione di un ospedale a Cracovia, in Polonia, aveva scritto Il Sole 24 Ore nel 2011 mentre la procura di Milano indagava sul crack della Fondazione San Raffaele.
I magistrati di Milano erano arrivati a De Vittori seguendo le tracce del denaro uscito dai conti dell'Aispo, l'Associazione internazionale per la solidarietà tra i popoli, fondata dalla Fondazione San Raffaele del Monte Tabor e dall'Associazione Sigilli, le creature di don Verzè. Dai conti bancari dell’Aispo – uno presso l'Ubs di Chiasso, l'altro presso la Kantonal Bank di Lucerna – erano stati emessi dei bonifici all'indirizzo di società domiciliate nello studio De Vittori o intestate a uomini a lui collegati.
A occuparsi dell'operazione Cracovia era stato uno dei commercialisti di don Verzè legato a De Vittori. E proprio nello studio del fiduciario svizzero a Lugano vengono costituite nel 2004 due società-fotocopia dell'Aispo: la Aispo Spa, domiciliata a Niue, e la Aispo Foundation SA, che aveva la sede legale negli stessi uffici di De Vittori e aveva nominato un procuratore con il compito di ricercare una linea di credito da 100 milioni di dollari. Non è chiaro se si trattasse di scatole vuote costituite all'insaputa di don Verzè, per millantare credito attraverso il marchio del San Raffaele, o se fossero state create su istruzione del prete. Chissà se i Panama Papers saranno in grado di dissipare anche questo mistero.
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