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Ior, dopo anni di bufere torna la «normalità», al…

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presentata la relazione 2015

Ior, dopo anni di bufere torna la «normalità», al servizio vero della Chiesa

Bilancio più magro, in linea con i mercati da tempo depressi. Dividendo ridotto a un terzo di quello degli ultimi anni, e anche questo riflette il nuovo corso dello Ior. Che, tra mille resistenze passate e ancora un po' presenti, torna verso la sua funzione istituzionale di ente al servizio del Papa e della Santa Sede, e non “banca d'affari” player di partite finanziarie che nulla hanno a che fare con la Chiesa. Dopo un periodo critico, durato diversi anni – e che ha portato l'Istituto al centro delle cronache giudiziarie, come era accaduto in modo decisamente più clamoroso negli anni '80 – sembra che ora sia tornata la normalità.

Il direttore generale (voluto, pare, dal Papa in persona), Gian Franco Mammì, è l'espressione di quella continuità storica dello Ior visto appunto come ufficio di assistenza finanziaria delle diocesi e delle congregazioni religiose nel mondo, dei missionari e delle fondazioni caritative, lontane anni luce da Wall Street e la City. «Posso dire con certezza che oggi lo Ior è assolutamente 'pulito', se dobbiamo utilizzare questo termine. È stata fatta una grande attività di riordino di tutta la clientela, sulla base di una regolamentazione oggi molto precisa: regolamentazione che ha determinato procedure e regole certe, con griglie normative e procedurali assolutamente efficaci. Diciamo che è stato costituito finalmente un presidio, dal quale sarà impossibile poter tornare indietro», ha detto il direttore generale dello Ior, Gian Franco Mammì, in un forum con l'Osservatore Romano e la Radio Vaticana, insieme al presidente dell'Istituto Jean-Baptiste De Franssu, in occasione della pubblicazione del Rapporto Annuale 2015. Alla domanda su come siano potuti accadere gli abusi del passato Mammì ha risposto: «Come è potuto accadere? È comunque una comunità di uomini e sicuramente l'assenza di regole, di un ordinamento e di una serie di norme stringenti ha consentito questo».

Spese ridotte, taglio drastico alle consulenze, dimagrimento dei conti intrattenuti, focalizzazione sul core business, se così lo si può chiamare. Lo Ior non è una banca, non concedere prestiti, se non in forme limitate ai dipendenti vaticani, e tutti i progetti per esso disegnati due anni fa, a partire dal Vam (Vatican Asset Management) sono finiti nel cassetto, perché distanti anni luce dalla volontà del Papa, che tra l'altro lo scorso anno bocciò personalmente il progetto – approvato dal consiglio dei laici ma non da quello cardinalizio – di una Sicav a Lussemburgo. Un ulteriore chiarimento di quale linea andava seguita. «Innanzitutto dobbiamo ricordare che il Vaticano essendo uno Stato sovrano ha una sua economia, e come ogni Stato sovrano che ha un'economia ha bisogno di un'istituzione a cui ci riferiremmo tradizionalmente come un'istituzione finanziaria che consenta il trasferimento dei pagamenti e che permetta ai differenti agenti economici di operare. Questo è il ruolo primario dello Ior», ha detto De Franssu. In particolare, ha osservato, lo Ior aiuta le congregazioni, le istituzioni e le diocesi a “gestire i propri asset” e “i propri soldi”. Quindi, ha ribadito, due principali attività: pagamenti e servizi gestionali. «Penso - ha detto - che il ruolo che svolge per la Santa Sede e lo Stato della Città del Vaticano, sia di grande importanza perché permette ai diversi elementi della economia del Vaticano di funzionare».

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