
Annessi, aggregati, congiunti. Più tecnicamente, fusi, purché al di sotto dei 5.000 abitanti. È il futuro dei piccoli comuni - 5.570 in Italia, il 54% del territorio nazionale - che, per effetto del ddl Lodolini (a modifica del dl 18 agosto 2000 n.267) sono obbligati ad accorparsi in nome di una più efficiente riorganizzazione dello Stato. Un meccanismo nuovo “per ridurre l'elevata frammentarietà dei comuni italiani”, recita il testo di legge. Che implica un'ottimizzazione delle risorse: amministrazioni uniche, regole comuni, iter burocratici semplificati. Una completa cooperazione intercomunale, nel rispetto dei territori e della loro storia.
Nel 2016 soppressi 74 comuni in 5 regioni
Cambiano però le geografie: 74 i comuni soppressi in 5 regioni (Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto) dall'inizio del 2016. Dalle loro ceneri, per effetto delle fusioni, sono nati 28 nuovi enti. Dunque il numero dei comuni italiani è passato così da 8.045 a 7.999 (46 in meno). Dal 1 gennaio, Granaglione e Porretta Terme, in provincia di Bologna, ad esempio, si sono riunite in Alto Reno Terme. In Piemonte, Seppiana e Viganella sono diventate una cosa sola: Borgomezzavalle.
I comuni che non si adeguano perdono il 40% dei trasferimenti 2010
Nel ddl è previsto che, qualora i comuni non provvedano autonomamente, siano le Regioni, secondo la procedura stabilita dalla Costituzione (articoli 117 e 133) a eseguire la fusione obbligatoria. Quelle «che abbiano omesso di adottare le necessarie leggi regionali saranno sottoposte a una decurtazione del 50 % dei trasferimenti erariali». Anche i comuni che non si adeguano perdono il diritto agli incentivi: «il 40% dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010». Da qui proteste e infuocati dibattiti.
Il fronte del no lancia una petizione
In Toscana, l'8 e il 9 maggio, quattro comuni su sei (Riparbella e Castellina Marittima, in provincia di Pisa e Castiglion Fibocchi e Capolona, in provincia di Arezzo) hanno votato no al referendum consultivo sulle fusioni. È andata a buon fine, invece, la consultazione per l'accorpamento di San Marcello Pistoiese e Piteglio, in provincia di Pistoia. Sul web la petizione “No alle fusioni obbligatorie dei comuni” ha raccolto 1000 firme. E a Volterra 120 sindaci hanno manifestato «contro la volontà di accorpare e accentrare solo sulla base dei numeri».
Anci, scelte autonome dei sindaci
I toni li smorza Piero Fassino, presidente dell'Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani), in una lettera ai sindaci, specificando che «per ridisegnare la governance locale occorre ripartire dai comuni». E dalle loro scelte autonome, con l'unico intento di rendere il sistema più forte, offrire servizi efficienti ai cittadini di aree periferiche evitando lo spopolamento. Un'ottica già avanzata al Governo. Concorda il presidente del consiglio nazionale di Legautonomia Bruno Manzi, secondo cui per affrontare il tema del riordino dei territori, è però necessario anche «separare la questione della rappresentanza, che è una funzione politica, dalla quella gestione, che è funzione tecnica. E ripensarla, quest'ultima, in forma associativa, sovracomunale e condivisa».
© Riproduzione riservata