Finanza & Mercati

Europa in piena deflazione, Giappone in trappola da 15 anni. Come se ne…

  • Abbonati
  • Accedi
caduta globale dei prezzi

Europa in piena deflazione, Giappone in trappola da 15 anni. Come se ne esce?

Ad aprile, nonostante il balzo del prezzo del petrolio (che ha vissuto il miglior mese degli ultimi 12 anni) la deflazione non migliora. In Italia è peggiorata a -0,5% (rispetto alla stima preliminare di -0,4%). In Spagna siamo a -1,1% e nell’area euro in media a -0,2%. In Grecia a -1,3%, il dato peggiore al mondo. Non è un caso che nella classifica globale dei livelli di deflazione tra i primi sei posti tre siano occupati da Paesi del Sud dell’Eurozona (Grecia prima, Spagna seconda, Italia sesta preceduta da Polonia, Singapore e Israele). Quest’area sta infatti sperimentando una deflazione salariale rilevante, come meccanismo forzato di correzione degli squilibri commerciali con i Paesi del Nord, Germania in primis. E se la Germania continua a fare surplus a raffica, in aperta violazione delle regole europee, il quadro non migliora.

In ogni caso l’intera area valutaria procede con un calo dei prezzi. La deflazione è una malattia dell’economia. Primo perché è un sintomo (se c’è deflazione vuol dire che i consumi interni sono in calo e quindi l’unica leva per azionare il Pil è quella dell’export). Ma anche perché è una concausa. La deflazione infatti innesca il circolo vizioso di aspettative di prezzi calanti, e questo spinge a rimandare le scelte future (investimenti, consumi) che sono i più grandi motori propulsori della crescita.

L’Eurozona è in deflazione in compagnia di Svizzera (-0,4%) e Giappone (-0,1%). Il Giappone del resto ci ha ormai fatto il callo. Da anni ormai combatte (senza successo) con questa malattia. In media, tra il 1998 e il 2003 l’economia nipponica ha convissuto con una deflazione media dello 0,35%.

Visto che l’Eurozona pare entrata a pieno regime in questa spirale, viene da chiedersi se non si stia giapponesizzando, ovvero se non rischi un prolungato periodo di deflazione. Domanda che nasce dato che a partire dal 2011 il governatore della Bce Mario Draghi ha messo in piedi una serie di misure espansive (scudo anti-spread, finanziamenti agevolati alle banche tramite Ltro e T-Ltro, azzeramento del tasso di riferimento con tasso sui depositi a -0,4%, quantitative easing) che finora non sono riuscite a riportare l’inflazione nel sentiero sperato, ovvero vicina al 2%. E i mercati si aspettano che questo mix di politiche non basterà neppure da qui a 5 anni dato che il grafico 5y5y dell’Eurozona attualizza ad oggi un’inflazione dell’1,4% nel 2021.

Inefficaci sembrano al momento anche le varie misure della Bank of Japan che ha lanciato il quantitative easing a fine 2012 e che recentemente ha portato sottozero il tasso ufficiale. Questo non è bastato a far deprezzare lo yen che anzi si è rafforzato da inizio anno nei confronti del dollaro del 10%. Gli investitori comprano yen considerandolo un porto rifugio, e questo nonostante il Giappone abbia il più alto debito/Pil al mondo (229%), e questo la dice lunga sul qualunquismo che troppo spesso si fa ergendo il debito pubblico a spauracchio clamoroso. Soprattutto perché non si considerano le altre carte che sul tavolo ha da esibire un Paese. Nel caso del Giappone queste carte sono un credito internazionale (generato dai surplus commerciali) che ormai ha raggiunto il trilione di dollari.

«È chiaro che lo yen si è apprezzato perché la finanza mondiale ne apprezza ancora il ruolo di porto sicuro: ed infatti si è rafforzato insieme all'oro. Ruolo che invece al momento non viene assegnato al franco svizzero, che dopo i forti apprezzamenti degli ultimi anni ora è in una fase di stallo - spiega Alida Carcano, presidente di Valeur Investments -. Il Giappone del resto resta pur sempre una delle più grandi economie al mondo e si trova nella situazione più unica che rara di importante creditore a livello internazionale, con quasi 1 trilione di dollari di crediti!».

Ma ci stiamo giapponesizzando? Quali sono le differenze tra Eurozona e Giappone?

«A nostro giudizio esistono delle differenze fondamentali tra Europa e Giappone, ma anche un'allarmante similitudine - prosegue Carcano -. La più importante differenza tra il Giappone e l'Europa è il fenomeno immigratorio, che avrà conseguenze demografiche sociali ed economiche alquanto rilevanti nei prossimi 20 anni. Questo fenomeno è del tutto inesistente in Giappone. C'è però un elemento allarmante, legato alla fragilità del settore bancario europeo. La bassa crescita rallenta la possibilità di riduzione dei crediti inesigibili attualmente presenti nei bilanci delle banche, in un momento in cui tra l'altro i margini di interesse sono sotto pressione. Tutto ciò in un contesto in cui le banche rappresentano il fulcro del finanziamento dell'economia (in Europa e Giappone 300% del PIL, rispetto al 100% in Usa)».

Quindi, dalla sua l’Europa avrebbe il vantaggio dell’immigrazione mentre in Giappone la popolazione si sta progressivamente riducendo senza una compensazione immigratoria (la popolazione giapponese ha iniziato a diminuire intorno al 2010, una tendenza che in Europa, grazie al fenomeno migratorio, è prevista non prima del 2035). Ma Giappone ed Europa condividono un sistema finanziario estremamente sbilanciato sul settore bancario, e peraltro molto fragile in questa fase di bassa crescita e deleveraging privato.

Anche secondo un’indagine di Axa il settore bancario accomuna pericolosamente Giappone ed Europa. Anche «le banche dell'area euro solo con lentezza hanno riconosciuto la svalutazione della loro situazione patrimoniale e hanno preso misure adeguate per colmare questa mancanza di capitale. Come in Giappone, e a differenza degli Stati Uniti, gli strumenti che si sono svalutati sono principalmente prestiti, non titoli, pertanto è stato possibile evitare la trasparenza del mark-to-market».

Per cui, i rischi di che l’Europa cada nella “sindrome giapponese” non si possono oggi, purtroppo, del tutto escludere. In questa situazione il governatore dell BoJ Kuroda ha affermato che comunque non ricorrerà all' “helicopter money”, ovvero a mettere il denaro direttamente a disposizione dei cittadini affinché lo spendano e facciano ripartire l'economia; anzi ha addirittura definito tale prassi illegale ; ma il Giappone è in una tale situazione che “mai dire mai”. Sarà così anche per l’Eurozona?»

twitter.com/vitolops

© Riproduzione riservata