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Adozioni gay, altolà di Costa alle «sentenze creative»

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Dopo la legge sulle unioni civili

Adozioni gay, altolà di Costa alle «sentenze creative»

È stata stralciata dalla legge sulle unioni civili approvata quattro giorni fa dalla Camera, ma la stepchild adoption per le coppie gay non smette di dividere la maggioranza e apre un nuovo fronte di scontro tra politica e giustizia.

«Sia chiaro che non può rientrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta», ha ammonito Enrico Costa (Area popolare), ministro degli Affari regionali, con delega alla Famiglia, intervenendo ieri al Forum delle associazioni familiari. Una platea sensibile cui tradizionalmente guardano i centristi guidati da Angelino Alfano, alla quale Costa ha chiarito: «La giurisprudenza fino ad oggi ha dato delle interpretazioni colmando un vuoto normativo. Ora quel vuoto non c’è più e quindi mi aspetto di vedere chiusa la fase di interpretazione creativa».

Un alt in piena regola ai giudici , che soltanto negli ultimi due mesi hanno emanato ben cinque sentenze riconoscendo al partner di una coppia gay la possibilità di adottare il figlio dell’altro. Non a caso tra le prime a replicare a Costa è stata Melita Cavallo, ex presidente del tribunale per i minori di Roma e autrice di 14 decisioni sul tema: «Come giudice ho scritto sentenze applicando la legge. Alle nostre decisioni replica la Corte d’appello e la Cassazione. Non devo giustificare alla politica il mio ruolo di giudice».

Il nodo esiste. Costa ha dato la sua interpretazione sugli effetti della legge, subito sostenuto dal capogruppo degli alfaniani al Senato, Renato Schifani: «Il tema delle adozioni per le coppie omosessuali rappresenta un capitolo chiuso». Ma dal Pd, a partire dalla senatrice Monica Cirinnà, raccontano un’altra storia: è vero che la norma che consentiva l’applicazione alle unioni civili delle «adozioni in casi particolari», tra cui ricade la stepchild, è stata eliminata dal testo per trovare una mediazione con Area popolare dopo il dietrofront del M5S. Però in calce al comma 20 dell’unico articolo di cui il provvedimento si compone è stata aggiunta una frase, voluta dal Pd come “clausola di garanzia”: «Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti». Tradotto: anche se ai partner delle unioni civili non si applica la legge 184/1983 sulle adozioni, i giudici potranno continuare a decidere caso per caso.

È chiaro che la partita va al di là di come si muoveranno i tribunali. In piena campagna elettorale, a meno di un mese dal voto sulle amministrative, l’anima di centrodestra della maggioranza cavalca e rivendica le sue specificità, smarcandosi anche dall’iniziativa di referendum abrogativo portata avanti dalle opposizioni di Forza Italia, Lega, Fdi e Idea. E le reazioni alla legge sulle unioni civili mostrano pure un mondo cattolico eterogeneo, che non procede compatto. Se il portavoce del Family Day ha minacciato ritorsioni al referendum di ottobre sulle riforme costituzionali, il presidente del Forum delle famiglie, Gianluigi De Palo ha assicurato: «Non boicotteremo il referendum, sono due cose separate».

Certo è che difficilmente si arriverà a una legge sulle adozioni gay entro questa legislatura. La commissione Giustizia alla Camera è al lavoro sull’indagine conoscitiva per arrivare a una riforma complessiva: domani sarà audito il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Ma l’iter della legge sulle unioni civili è stato istruttivo: Matteo Renzi sa di avere pochissimi margini. Più facile che magari si approvi il ddl contro l’omofobia: il blitz di Forza Nuova nella sede del Gay Center a Roma lo ha riportato d’attualità. Di «attacco squadrista» ha parlato il sottosegretario Ivan Scalfarotto: «Serve la celere approvazione di un provvedimento equilibrato e civile».

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