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Il Papa alla Chiesa italiana: «Non ci sono agende da difendere»

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analisi

Il Papa alla Chiesa italiana: «Non ci sono agende da difendere»

Il prete, dice il Papa, «non ha un'agenda da difendere». Sembra passato un secolo da quando il clero italiano era chiamato soprattutto a difendere «un'agenda», che erano i valori non negoziabili, termine ormai del tutto cancellato dal vocabolario bergogliano.

Papa Francesco all’assemblea della Cei, non entra neanche di striscio sui temi che infiammano la politica interna e mettono i vescovi spesso in prima fila, dalle unioni civili all'immigrazione. Il Pontefice argentino «non si immischia» come disse due mesi fa nel viaggio di ritorno dal Messico, e dice alle gerarchie di dialogare con le istituzioni, ma senza scendere in piazza per diventare parte del contendere, cosa che è ancora avvenuta in occasione del Family Day, almeno in parte.

Nelle occasioni precedenti di incontro con la Cei – le assemblee annuali ma anche il fondamentale convegno di Firenze dell'autunno scorso – il Papa fu chiaro: i vescovi non devono diventare dei «chierici di stato», non devono essere «ossessionati dal potere» né tantomeno diventare «vescovi-pilota», con la pretesa quindi di guidare a distanza le istanze civili, tanto più se istituzionali.

Oggi si concentra sui sacerdoti, che non devono essere né burocrati né funzionari, non devono cercare titoli o onorificenze (e quindi neppure delle promozioni), devono avere uno stile essenziale di vita ed essere aperti agli altri.

Rivoluzione? Sono regole che vigono da sempre, scritte nella pietra della storia della Chiesa. Un rinnovamento – che è poi il tema della assemblea della Cei, aperta con un saluto del cardinale presidente Bagnasco, che parlerà domani - che passa anche dalla gestione dei beni economici e delle strutture: tenete solo quello serve per la vostra missione, dice il Papa, il resto è solo un ostacolo.

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