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Quando l’arte è in bottega: gli «eroi» di Pergolesi in…

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Quando l’arte è in bottega: gli «eroi» di Pergolesi in mostra a Chicago

Chiuse nell'accortezza di un buio lunare che ricorda i pittori fiorentini del Quattrocento, a metà tra il teatro illusionista e un panottico in cinemascope, le botteghe color notturno fotografate da Francesco Pergolesi portano la tradizione italiana, e i suoi ultimi “eroi”, alla Catherine Edelman Gallery di Chicago. L'installazione resterà aperta fino a luglio e segna la prima solo exhibit del fotografo di Spoleto che, col viaggio incantato di Heroes, ha scelto di poggiare la sua lampada da tavolo tra Roma, Milano e alcuni, leggermente più nascosti, villaggi d'Italia, ritraendo così artigiani, braccianti e commercianti, la “common folks” (gente ordinaria) che resiste al consumo dei tempi. A capo chino, lavorando.

Estensione ideale della collezione Heroes - Margutta, pensata appositamente per Roma e composta da una serie di dodici “ritratti ambientati” intorno al tema dei mestieri e delle piccole attività artigianali in estinzione, la nuova mostra somiglia a un volo sordo sul mondo delle botteghe italiane, dal panettiere al calzolaio, dal carpentiere all'orefice. Le prime stampe erano già state esposte ai Rencontres Photographiques di Arles, ma in questa versione 2.0 che cammina ebbra assieme alla fruttivendola di Spoleto o il gallerista di via Margutta, la cronosfera, il sudore, la magia e la vocazione del lavoro fuori dal (nostro) tempo acquista ancora più potenza, e si beve come un impasto di colori e di raggi dentro una coppa d'oro.

Nulla, qui, si butta o si sostituisce; la poesia del pane, di un orologio, di una lampadina piantata per strada o di un'iscrizione antica a poco a poco riannodano il cuore intorno al primo, grande motore della società: la sua storia, le proprie radici. Mai così organiche od unite all'oggetto che racconta chi siamo, che cosa facciamo. E se gli interni paiono castelli di cordami e memorie, i volti di questi “eroi” - il restauratore, il marmoraro, l'antiquario - ricordano Makovsky. “Da bambino camminavo in libertà per Spoleto, esplorando i suoi sentieri” ricorda Pergolesi. “Amavo trascorrere il tempo in compagnia del calzolaio o all'interno del negozio di alimentari dove mia nonna mi spediva puntualmente a far spesa. Sono cresciuto con la sensazione che il tempo fosse qualcosa di parecchio esteso e tutto questo mi ha trasmesso un forte senso di libertà. Al centro della vita c'erano le relazioni umane. Piano piano ho compreso che la bellezza delle piccole botteghe sta scomparendo, spinta da una forza misteriosa. E una nuova era è in arrivo”.

L'artista non guarda con amarezza alla contemporaneità, così dominata dalle velocità e dall'inconcusso ego degli uomini; piuttosto, lascia che le sue fotografie diventino una sorta di opera d'arte murata, dov'è possibile mescolarsi, inginocchiarsi e salvarsi. In Pino (Spoleto, 2013) vediamo un intagliatore chiuso nella sua officina mentre affila un pezzo di legno. In Righetta (Milano, 2014) una donna più anziana siede per conto suo alla finestra, illuminata da una piccola lanterna (in omaggio a sua nonna che faceva la portiera d'albergo). In Alfred (Macerata, 2015) il proprietario del negozio sfoggia fieramente i suoi coltelli e gli altri arnesi dalle finestre frontali. E poi c'è Marlène (Spoleto, 2013) la fruttivendola che siede sul raccolto e sembra volerci prendere per mano, infilarci in questi photo-box 5 x 7 x 2” / 9 x 12 x 3” e gettare irrevocabilmente la chiave. Sopra la ghiaia del tempo.

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