Italia

Riforme e crescita, la doppia lente dei mercati

  • Abbonati
  • Accedi
L'Analisi|lo scenario

Riforme e crescita, la doppia lente dei mercati

Ai mercati, agli investitori che si espongono direttamente e indirettamente al rischio-Italia acquistando titoli di Stato, obbligazioni bancarie, corporate bond e azioni made-in-Italy, lo studio dei “fondamentali” nudi e crudi non basta più. Anche la politica è monitorata da vicino, tanto quanto gli indici PMI. Il mondo, spiegano gli operatori finanziari, è divenuto un luogo troppo complesso e oltremodo vulnerabile al tail risk, il rischio estremo come per esempio Brexit, per limitarsi a soppesare i dati soliti sull’economia, i numeri dei bilanci, gli indicatori sull’andamento dei conti pubblici. Bisogna con la stessa cura valutare i pesi e le misure della politica.

La crescita, in Italia sicuramente a causa dell’alto debito pubblico ma non soltanto in Italia, resta la prima preoccupazione per i mercati a livello nazionale e globale e sempre più gli investitori guardano al ruolo e alla responsabilità della politica e dei politici nel garantire la sostenibilità della ripresa economica e rafforzarne il passo. La crescita è sicuramente fatta di investimenti del settore privato, di credito, lavoro, consumi, export ma anche di petrolio (geopolitica), immigrazione (politica) invecchiamento della popolazione (politica), investimenti pubblici e rivoluzione tecnologica (politica), riforme e norme (politica). Lo “zero virgola”(0,85% di Pil) di maggiore flessibilità accordata all’Italia da Bruxelles viene dunque preso in considerazione dai mercati ma in termini di ricaduta sul Pil e con tutte le implicazioni politiche del caso.

Va detto che i mercati, come l’Europa, sono spaccati in due grandi correnti. Da un lato ci sono investitori, strategist, traders che vedono bene le politiche fiscali espansive con un aumento degli investimenti pubblici produttivi a qualsiasi costo (quindi anche in Italia) pur di migliorare la crescita potenziale. Dall’altro lato c’è chi invece, al fine di rilanciare la ripresa economica, assegna il peso maggiore alle riforme strutturali e al rigore sui conti pubblici per ridurre a qualsiasi costo il fardello del debito pubblico che grava sul Pil. Ecco allora che la maggiore flessibilità conquistata dall’Italia sui mercati divide gli investitori, tra chi confida nella capacità del Governo Renzi di giocare al meglio questo atout, e chi invece teme l’Italia degli sprechi, l’Italia del debito pubblico lievitato finora senza che questo abbia portato la crescita italiana sopra l’asticella della media europea. Maggiore flessibilità (quella che potrà finanziare interventi graditi al grande pubblico) deve tradursi, è il parere di chi sui mercati è favorevole, in un trampolino per velocizzare il cammino delle riforme strutturali, che sono il più delle volte impopolari e politicamente scomode. Dare all’Italia più margini di manovra, ammonisce chi teme la flessibilità, aumenta il rischio che il Governo possa deviare pericolosamente dalla via stretta del risanamento.

L’enfasi della Commissione Ue sulla necessità di accelerare il calo del debito/Pil italiano, anticipando già ora l’impegno sul 2017, è totalmente condivisa dai mercati e questa volta senza spaccature. Gli investitori anche in questo ambito guardano al ruolo della politica. La Bce ha fatto crollare l’onere della spesa per gli interessi sul debito pubblico e ha alleviato, così facendo, un alto costo per i conti italiani: ma i tassi torneranno a salire (al rialzo per primi si dirigono quelli americani ma quello della Federal Reserve è il segnale della normalizzazione). L’Italia, colpa il suo debito e la sua gracile crescita, è molto esposta ai venti esterni destabilizzanti che la stanno minacciando: Brexit, le elezioni negli Usa e in Spagna, Grexit, l’emergenza immigrazione e l’antieuropeismo, il terrorismo, i problemi di Cina e Paesi emergenti, la volatilità del petrolio, la deflazione, la contrazione del commercio globale. Per questo, i mercati non fanno sconti: indicativo come non li stiano facendo neppure alla Spagna che la Commissione Ue vede crescere quest’anno al 2,6% e il prossimo al 2,5% contro l’1,1% e l’1,3% dell’Italia. L’instabilità politica in Spagna, temuta dai mercati perché potrebbe incidere negativamente su riforme strutturali fatte (smantellandole) e da fare e quindi sulla crescita, ha fatto lievitare il rendimento dei Bonos decennali all’1,60% contro l’1,49% dei BTp.

© Riproduzione riservata