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Il Pannella “economico”, un liberal-riformista

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L'Analisi|le idee

Il Pannella “economico”, un liberal-riformista

Politico a tutto tondo con una forza personale dirompente, il Marco Pannella “economico” non è catalogabile facilmente. La radice è liberale, ma la catena dei “padri” non autorizza conclusioni drastiche. Non è insomma facile mettere assieme Altiero Spinelli, uno dei padri del Manifesto di Ventotene per l’Europa, Ernesto Rossi (anche lui padre del Manifesto, e al pari dello storico direttore del “Mondo”, Mario Pannunzio, considerati a sua volta da Pannella i suoi due padri politici) e Margaret Thatcher. Nel senso che thatcheriano-liberista Pannella non lo è mai stato, a dispetto dei molti, soprattutto da sinistra, che l'hanno dipinto come tale.

Liberal-riformista, ecco forse il Pannella “economico”, se proprio vogliamo affibbiargli un'etichetta. Amico del lavoro, del mercato, della concorrenza, liberista-garantista, tenace assertore della riforma delle istituzioni e nemico feroce del debito pubblico.

Nel 1994, quando entrò in campo Silvio Berlusconi, provò a spingerlo di più sulla strada della trasformazione liberale di un Paese bloccato. Non ci riuscì. Ma già nel 1999, con la campagna referendaria dei Radicali, Pannella di nuovo cercò assieme ad Emma Bonino di rompere il fronte dell'immobilismo. Era la stagione dichiarata dei venti referendum liberali (tra cui l’abolizione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori). La Cassazione ne passò solo sette e non quelli “sociali”, tra cui l’abolizione del sostituto d’imposta e delle pensioni di anzianità.

“La proposta dei Radicali era l’unica necessaria e rivoluzionaria in Europa”

Rudi Dornbush 

Il grande economista tedesco Rudi Dornbusch disse che la proposta dei Radicali era l'unica necessaria e “rivoluzionaria” in Europa. I referendum, nel 2000, non passarono. Pannella vedeva lontano ma i liberal-riformisti, in Italia, sono sempre stati molto, molto scomodi.

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