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L’annuncio di Renzi: dal 2017 meno tasse al ceto medio, via…

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cantiere e manovra

L’annuncio di Renzi: dal 2017 meno tasse al ceto medio, via Equitalia entro il 2018

Alleggerire il peso del fisco sul ceto medio e le famiglie. È «l’assoluta priorità» della prossima manovra. A dirlo è direttamente Matteo Renzi. «Dobbiamo andare più nella direzione di dare una mano al ceto medio e alle famiglie», dice il premier nella diretta Twitter e Facebook #Matteorisponde. Che aggiunge: «Stiamo discutendo come, se attraverso le aliquote Irpef o un sistema fiscale diverso». Il premier fa sapere che le risorse arriveranno dalla «versione 2.0» della voluntary disclosure il cui primo “step” «è stato un successo». Renzi annuncia anche che entro il 2018 andrà in pensione Equitalia.

«Stiamo riorganizzando» le Agenzie fiscali, afferma Renzi aggiungendo: «Al 2018 Equitalia non ci arriva. La riorganizzazione di questo sistema prevederà un modello del tutto diverso». Il Governo punta a rendere il «sistema sempre più a disposizione del cittadino e non vessatorio verso il cittadino», dice Renzi che sottolinea: «Ci stiamo lavorando» con il ministro Padoan, la direttrice dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi e il responsabile di Equitalia (l’ad Ernesto Maria Ruffini).

Quanto all’Irpef, sul tavolo ci sono varie ipotesi: un mini-anticipo della riforma nel 2017 con una nuova “calibratura” delle aliquote intermedie (costo circa 3 miliardi), su cui il ministro Padoan mostra però cautela. Questo intervento, tra l’altro, in assenza di risorse sufficienti potrebbe anche comportare il rischio di un congelamento del previsto taglio Ires già inglobato nei tendenziali di finanza pubblica. In alternativa il Governo potrebbe lavorare sul meccanismo di detrazioni e deduzioni (soprattutto per le famiglie numerose) o puntare a estendere il bonus degli 80 euro ad alcune categorie che ancora non ne beneficiano, come i pensionati.

Le risorse che il Governo deve trovare per la prossima manovra oscillano tra i 12 e i 15 miliardi ma senza un intervento diretto sull’Irpef, che farebbe salire la dote necessaria a 16-18 miliardi. Queste risorse si andrebbero ad aggiungere a quelle relative all’utilizzo del deficit indicato nel Def e ora autorizzato da Bruxelles (1,8% contro l’1,4% “tendenziale” con uno “scarto” di circa 6,5 miliardi che diventano 11 rispetto all’obiettivo dell’1,1% indicato lo scorso autunno). Il tutto servirebbe per realizzare con la prossima manovra tre obiettivi: disinnescare le clausole di salvaguardia fiscali, Iva in primis, da oltre 15 miliardi; non alzare ulteriormente il livello del deficit per il 2017 concordato con la Ue; mantenere alcuni degli impegni presi: dal fisco più leggero per il ceto medio alla flessibilità in uscita per le pensioni (circa 1 miliardo) fino alle misure di sostegno alle famiglie numerose (3-400 milioni) e alla proroga ancora per un anno della decontribuzione per i neo-assunti, seppure in forma ridotta. In rampa di lancio c’è anche il varo di un pacchetto-imprese. Considerando le risorse collegate all’obiettivo di deficit 2017, la manovra di bilancio lorda per il prossimo anno potrebbe oscillare tra i 20 e i 25 miliardi (25-30 miliardi sulla base dello scostamento rispetto al deficit all’1,1% indicato nello scorso autunno).

Quella che si giocherà sui tavoli tecnici fino al momento del varo della prossima Stabilità è insomma una partita da non meno di 12-15 miliardi, a meno che nel prossimo autunno non siano utilizzabili nuovi margini di flessibilità (ad esempio sui “migranti”) non del tutto esclusi dal commissario Ue, Pierre Moscovici. La dote sarà reperita azionando prevalentemente tre leve: “fase 3” della spending review, voluntary disclosure bis con altri interventi di contrasto all’evasione fiscale e riordino delle tax expenditures.

Le “poste” con il trascorrere delle settimane potrebbero però cambiare. Anche sulla base di due variabili. La prima è quella di un parziale aumento dell’Iva legato alle clausole di salvaguardia. Ieri Padoan e il viceministro Enrico Morando hanno ribadito che il Governo punta a sterilizzare completamente le clausole di salvaguardia. Bruxelles però lascia intendere che metà degli oltre 15 miliardi delle clausole potranno essere coperti agendo sul deficit ma indica come soluzione praticabile per coprire il restante 0,45% di Pil (7,5 miliardi) un corrispondente aumento di Iva e accise. Anche se lascia al Governo la scelta di altre opzioni. La seconda variabile è quella relativa a nuovi margini di flessibilità eventualmente utilizzabili in autunno. Moscovici non li esclude ma a condizione che vengano rispettati tre paletti: il deficit all’1,8%, la riduzione del rapporto debito/Pil nel 2017 e la spinta alle privatizzazioni. Su quest’ultimo fronte il Governo ha ribadito che conta di realizzare dismissioni per lo 0,5% del Pil non solo nel 2017 ma già quest’anno. In quest’ottica a breve potrebbe essere nuovamente presa in considerazione la cessione di una quota di Poste mentre per Fs se ne riparlerà il prossimo anno.

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