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Trasporti e bilanci, le priorità economiche sul tavolo dei sindaci

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Trasporti e bilanci, le priorità economiche sul tavolo dei sindaci

Bilanci da sistemare, trasporti e infrastrutture da rilanciare in metropoli che diventano sempre più difficili da gestire, soprattutto in periferia. Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna, le grandi città che rinnoveranno le amministrazioni il prossimo 5 giugno, presenteranno ai primi cittadini una agenda di fatto obbligata. Che rischia però di passare in secondo piano di fronte a una campagna elettorale dominata dallo scontro ideologico.

Roma dovrà risolvere la questione dei conti del Comune. Il debito monstre pre 2008 (quantificato nel 2010 in 22,5 miliardi), con l’istituzione della gestione commissariale governativa ha intrapreso un autonomo piano di smaltimento, che terminerà nel 2048. Nella sua ultima relazione, la commissaria Silvia Scozzese ha certificato che il passivo è sceso a 12 miliardi, ma per il 2020-2035 potrebbe verificarsi una crisi di liquidità. Per contribuire allo smaltimento del debito pregresso l’addizionale comunale Irpef è stata aumentata di 0,4 punti. Il debito “ordinario” del Comune (1,2 miliardi) è ancora sostenibile, ma va proseguito il risanamento delle aziende controllate, in primis Atac (trasporti) e Ama (rifiuti). Il debito Atac (1,5 miliardi a fine 2014) è in calo. Ma il bilancio 2015 si è chiuso ancora in perdita (di 90 milioni), anche se l’azienda punta al pareggio nel 2017. In discesa anche il debito Ama (1,2 miliardi a fine 2014), che nel 2015 è riuscita a risparmiare 40 milioni sui costi e a ottenere un piccolo utile (700 mila euro).

Milano ha come tema centrale l’emergenza casa e la riqualificazione delle periferie. Soprattutto da quando il Comune si è ripreso la gestione di 30mila alloggi popolari, fino ad un anno fa affidati alla società regionale Aler. A Milano ci sono oltre 500 famiglie in lista d’attesa e molti appartamenti non assegnabili perché in cattive condizioni e bisognosi di un rapido intervento edile. Molti di questi alloggi si trovano nelle zone periferiche, dove c’è l’esigenza di favorire l’integrazione con gli immigrati. È in fase di costruzione poi la metropolitana 4, avviata con finanziamenti Expo ma che verrà completata nel 2022. La sostenibilità finanziaria dell’opera è ancora un rebus: l’esborso a carico di Palazzo Marino cresce negli anni, per trent’anni, e, per la prossima amministrazione, tra un paio d’anni ci sarà da pagare come “canone di disponibilità” oltre 50 milioni. Sullo sfondo, l’incognita se continuare a reperire risorse dai dividendi delle grande partecipate o vendere quote rilevanti di società. Prima fra tutte la Sea, società degli aeroporti di Linate e Malpensa e controllata dal Comune di Milano. Infine, il progetto del dopo-Expo: la valorizzazione del milione di metri quadrati acquistati da Comune e Regione, infrastrutturati, su cui si sta già lavorando insieme al governo.

Cinque anni fa Napoli e mezza Campania erano sepolte dai rifiuti e la giunta de Magistris è riuscita a impostare un ciclo dei rifiuti che di fatto ha retto. Ma dei vecchi progetti nulla è stato fatto. Su Bagnoli, oggi c’è un forte impegno del governo che di fatto ha esautorato il comune aprendo un fronte di duro scontro. Ma restano fermi anche altri grandi interventi per i quali c’era anche la disponibilità di ingenti finanziamenti. A Napoli Est, a esempio, fatta eccezione del nuovo campus universitario di San Giovanni, di lavori a carico del pubblico, come le opere di urbanizzazione, ne sono partiti pochi e avanzano lentamente, mentre sono ultimati solo alcuni investimenti privati. Fermo il porto che rappresenta la più importante impresa della Regione: il protrarsi della gestione commissariale e l’incapacità delle istituzioni locali di scegliere una governance d’intesa con il governo hanno paralizzato tutto. Difficile anche la situazione del trasporto pubblico locale, come del resto in tutta la regione, dove le società di gestione non riescono a uscire da una crisi finanziaria e organizzativa.

Tassi di disoccupazione degni del Mezzogiorno e una zavorra di debito da 2,8 miliardi, quasi due volte e mezzo il bilancio della città di Torino. I nodi del comune sono economico-sociali e finanziari. Il lavoro resta un tema centrale vista la disoccupazione all’11,9%,in calo rispetto al 2014 ma sopra la media del Nord-Ovest, all’8,6%. Nella fascia 15-24 anni i disoccupati sono il 44,9%, 5 punti sopra la media italiana sebbene in calo sul 2014. La giunta Fassino ha ridotto l’esposizione finanziaria della città cedendo asset – dalla quota in Sagat (aeroporto) a quella in Amiat e Trm, la società che gestisce il termovalorizzatore di Torino – e riducendo la spesa corrente. La sfida è tenere alta l’attenzione sui conti e recuperare risorse, ad esempio, per welfare e infrastrutture: il completamento della metro 1, per iniziare, e la marcia a tappe forzate sulla seconda linea metropolitana.

A Bologna sarà il cosiddetto “Passante di mezzo”- il progetto alternativo al tracciato autostradale a nord del capoluogo che prevede invece l’allargamento dell’attuale tangenziale - il primo e più spinoso fascicolo. Il 30 giugno sarà presentato il progetto preliminare del passantino con l’impegno a far partire i cantieri nel 2017, anche se dopo 20 anni di attesa anche la nuova soluzione non sembra accontentare tutti. Altro nodo , la fiera – oltre il 24% è in mano al primo cittadino bolognese, tra comune e città metropolitana - impantanata per un decennio di irrisolutezza politica che ha impedito di far partire la riqualificazione con il rischio, oggi, di perdere Eima, il salone della meccanica agricola.

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