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Esiti elettorali più chiari, si completa lo Stato decentrato

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Esiti elettorali più chiari, si completa lo Stato decentrato

La prima ragione che motiva il sì è legata alla forma di governo. Ha qualche senso che in un periodo di appartenenze deboli il Governo sia appeso a due schede elettorali diverse? Nel primo sistema dei partiti, quando l’elettorato era congelato dentro appartenenze stabili, non appena veniva scrutinato il Senato si sapeva come sarebbero stati i risultati della Camera. Nella metà delle elezioni svoltesi dopo la crisi del primo sistema non è stato più così: Berlusconi fece fatica al Senato nel 1994, Prodi alla Camera nel 1996 e al Senato nel 2006, Bersani al Senato nel 2013. Non esiste nessun motivo razionale, anche a prescindere dal sistema elettorale che si è adottato per la Camera, che non è costituzionalizzato e che ha il merito di identificare subito un vincitore, per sottoporsi a un simile stress. Corollario è che sulla gran parte delle leggi, che non sono altro che la traduzione degli impegni assunti in campagna elettorale e poi con la fiducia, debba prevalere dopo un certo tempo la Camera, libera di accettare gli emendamenti del Senato, come accade in tutte le democrazie parlamentari. Fin qui non ho sentito nessuna critica razionale a questa scelta, che viene contestata sul modo concreto con cui è declinata con tre obiezioni: due si riferiscono al cosiddetto combinato disposto con l’Italicum, la terza al procedimento legislativo.

La prima è un’obiezione oligarchica: gli elettori dovrebbero votare solo per i parlamentari, non anche per un Governo. Chi la espone dovrebbe spiegare le conseguenze: senza un vincitore chiaro possono esserci dei blocchi di sistema, come quello che sta sperimentando la Spagna o, nel caso meno drammatico, larghe coalizioni eterogenee che mettano insieme quasi per intero il centro-sinistra e il centro-destra come a inizio legislatura. Sono alternative migliori? La seconda obiezione è relativa alle dimensioni del premio che porta la lista vincente al 54% dei deputati e che secondo alcuni sarebbe troppo vicina ai quorum di garanzia del 60%. Il 54% è però un lordo, a scrutinio palese, di una lista vincente dove 240 su 340 deputati saranno eletti con le preferenze, ossia in una competizione tra correnti. Il 54% lordo potrà valere non più del 40% netto a scrutinio segreto, ben distante dai quorum. La terza obiezione fa perno sulla lunghezza del nuovo articolo sul procedimento legislativo, fatalmente più lungo perché Camera e Senato vengono a differenziarsi e profetizza che un testo più lungo crei conflitti. Invece la redazione dell’articolo chiarisce bene quali siano i tipi ben identificabili sin da inizio percorso delle leggi che faranno eccezione restando bicamerali, mentre per tutte le altre prevarrà la Camera.

Vi è poi la seconda ragione di fondo, il completamento dello Stato decentrato con un Senato delle Autonomie, riprendendo intuizioni della prima parte dei lavori dell’Assemblea Costituente. A differenza dei rapporti tra le due Camere qui bisogna scrivere elenchi di materie e non tipi precisi su cui legiferano Stato e Regioni, ma qualsiasi elenco di questo tipo, anche il migliore, porta con sé un certo livello di sovrapposizione. In assenza di un Senato delle Autonomie, che troviamo in forma diversa in tutti gli Stati decentrati, siamo stati costretti a far rifluire il sangue del rapporto centro-periferia in una circolazione extra-corporea che comprende la conferenza Stato-Regioni e, la Corte costituzionale. Quest’ultima impiega stabilmente metà del suo tempo per tali conflitti e per anni interi, sinché le cause non sono risolte, vi è un’incertezza tale da scoraggiare investimenti, specie esteri, nel sistema-Paese. Se manteniamo l’opzione per uno Stato decentrato con Regioni con un ruolo significativo non è possibile passare a un monocameralismo secco. Altre soluzioni, più spostate sui Governi regionali come nel modello tedesco, non erano percorribili in un contesto in cui le Giunte sono quasi tutte di centrosinistra. Nessuno tranne il Pd avrebbe votato un Senato che nel 2018 avrebbe avuto 80 senatori del Pd… Per queste ragioni, al di fuori di qualsiasi personalizzazione, il successo del sì rappresenta un’occasione non rinunciabile per l’Italia.

Costituzionalista, firmatario

del manifesto”Le ragioni del sì”

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