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Turismo e cultura, la metamorfosi di Torino

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Turismo e cultura, la metamorfosi di Torino

  • –Filomena Greco

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Una città in trasformazione, dove cultura e turismo guadagnano terreno, le infrastrutture e i trasporti restano una priorità e dove si sperimentano soluzioni da smart city. Oggi Torino scala la classifica delle mete turistiche in Italia, il Museo Egizio vanta una media di mille visitatori al giorno, la città raccoglie consensi all’estero, l’aeroporto si è rimesso in moto anche grazie ai volumi assicurati dalle compagnie low-cost. Il 2015 è stato un anno record per presenze (oltre quattro milioni e mezzo) e arrivi (un milione e 700mila). La Torino turistica è anche e soprattutto una Torino della Cultura, che scommette sulle grandi mostre e fa tesoro del sostegno di privati e Fondazioni bancarie. L’ultimo progetto è quello del Polo del Novecento, inaugurato poche settimane fa.

Una città che non può prescindere però dalla sua vocazione manifatturiera. E dove la crisi e la mancanza di lavoro pesano più di qualunque altro problema. Torino non è più una company town, già da un pezzo. Ma resta una città con un cuore industriale. L’unica in Europa, ad esempio, ad aver mantenuto una fabbrica di automobili all’interno delle mura. «Oggi Mirafiori è ridimensionata rispetto al passato – sottolinea Giuseppe Berta, docente di Storia contemporanea alla Bocconi – ma c’è ancora, ha una missione produttiva, è stata riconvertita al comparto Premium». L’indice di disoccupazione (su base provinciale) è il più alto del Nord Italia, all’11,9 per cento. È calato di un punto rispetto al 2014, questo perché il 2015 ha invertito la rotta e ha segnato, come testimoniano i dati elaborati dall’Osservatorio regionale Piemonte lavoro, un aumento del volume di lavoro attivato e delle assunzioni. «La crisi economica – spiega Berta – è arrivata in un momento in cui la città era ancora “a metà del guado”, in transito da un modello industriale a una realtà economica policentrica».

La Città guidata dal sindaco Piero Fassino ha fatto i conti con una zavorra di debito da 2,8 miliardi ( bilancio di previsione 2016), che ogni anno si porta via 124 milioni tra rate e interessi. La Giunta ha invertito la marcia e ha ridotto l’esposizione cedendo gli asset – dalla quota in Sagat (aeroporto) alla cessione di Amiat e Trm (termovalorizzatore) al Gruppo Iren, – e tagliando la spesa corrente. A raccontare i numeri del sistema Torino c’è il Popular Financial Reporting realizzato con l’Università. «Il 60-70% delle città nei paesi di tradizione anglosassone – spiega Paolo Biancone, docente di Economia aziendale – utilizza questo strumento per raccontare “alle persone della strada” come lavora la municipalità, quali risorse ha a disposizione e come le impiega, in un’ottica di bilancio integrato». Un esperimento, quello del bilancio «pop», che Torino fa per prima in Italia.

La Città ha spinto sugli investimenti a partire dai primi anni Duemila in vista dei Giochi Olimpici invernali del 2006. Questa la data in cui la trasformazione, accelerata in un certo senso dalla crisi economica, è diventata materialmente visibile. Oggi la linea metropolitana 1, la riqualificazione intorno al Politecnico (Spina 1) e le infrastrutture post olimpiche sono eredità di quella stagione di governo. Il “fardello” del post-olimpico ha trovato un punto di equilibrio dal punto di vista economico, con ricadute interessanti per la Città se si guarda, ad esempio, all’esperienza del Pala Alpitour che grazie alla partnership con Live Nation è diventato uno dei poli nazionali per la musica dal vivo. La sfida a questo punto è mantenere alta l’attenzione sui conti e recuperare risorse per investimenti e politiche attive a sostegno del welfare. Torino è una città che invecchia, con 226mila over-64 su 892mila residenti, una città dove il numero di persone che vivono in una condizione di povertà, secondo l’Osservatorio della Caritas diocesana, è raddoppiato dal 2007, a quota 100mila. In parallelo, è una città universitaria, ricca di spazi di co-working e pronta a sperimentare soluzioni di smart housing come propone il progetto della Cassa depositi e prestiti per l’ex Caserma di via Asti.

Il pacchetto infrastrutture conta i due miliardi necessari per realizzare la seconda linea della metropolitana (a oggi è finanziata soltanto la progettazione preliminare), 210 milioni per il completamento della Metro 1, i 15 milioni per realizzare l’ultimo lotto del passante ferroviario, opera fondamentale sulla rete ferroviaria cittadina che ha previsto l’interramento dei binari, la realizzazione della Stazione di Porta Susa, snodo dell’Av in città e la riqualificazione della “Spina” dal Politecnico all’Environment Park. A questi progetti-driver si affiancano i percorsi di riqualificazione della zona Nord (Variante 200) o nelle aree dismesse come TNE Mirafiori, il Palazzo del Lavoro, l’ex Westinghouse. Progetti ambiziosi, connessi allo sviluppo della viabilità futura, banco di prova per il recupero delle aree industriali in disuso, 4 milioni di metri quadri.

Sul fronte ambientale Torino ha delle criticità sull’inquinamento atmosferico. Come Milano, paga pegno a polveri sottili e inquinanti anche a causa della sua posizione geografica. Rispetto al 2006 la città ha migliorato i suoi standard, ma il problema resta urgente. Per 80 giorni l’anno scorso i limiti di PM10 sono stati superati, il tetto massimo sarebbe di 35. La quota di raccolta differenziata dei rifiuti è tornata lentamente a crescere, il 2015 si attesta sul 43% senza ancora l’integrazione dei dati per uno dei quartieri che ha introdotto il porta a porta l’anno scorso, modello di raccolta che sarà adottato entro novembre in altre due aree centrali.

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