BOLOGNA -Passante autostradale, trasporti urbani, ente fiera. Sono le infrastrutture il tallone di Achille di Bologna. La capitale manifatturiera, commerciale e finanziaria del Nord-Est (dalla meccanica al food, dai big data alla distribuzione organizzata) è capace di scalare i ranking europei quando si parla di valore aggiunto o capacità di innovazione, ma è impantanata oggi come vent’anni fa negli stessi problemi di inadeguatezza competitiva quando il confronto si fa su strade e servizi che la collegano al mondo e internamente. Problemi troppo vecchi e noti per costruirci una avvincente campagna elettorale, giocata invece tutta dai candidati sui temi più cari ai 300mila bolognesi chiamati al voto: legalità, sicurezza, immigrazione, scuole.
Tutti temi che Alberto Vacchi, presidente degli industriali bolognesi, tocca nel documento per la crescita spedito mercoledì scorso ai nove i candidati sindaco. Un documento che coagula le voci di tutte le associazioni imprenditoriali della città metropolitana e che ha come pilastri infrastrutture, attrattività, semplificazione e legalità. Quindici punti per 15 richieste, che partono da una governance territoriale coordinata della nuova Città metropolitana e finiscono con l’appello alla lotta a evasione fiscale, abusivismo, imprese irregolari e false cooperative. Ma la competitività del territorio bolognese si gioca tutta sul Passante autostradale, l’opera strategica cruciale per disintasare il crocevia-calvario d’Italia, lo snodo tra A1, A14 e A13, su cui ci si azzuffa da 12 anni e che ha fatto gridare “eureka” a istituzioni locali e a Governo un mese fa di fronte alla soluzione “di mezzo” tra tangenziale e autostrada (che sembrava accontentare tutti) ma che si sta rivelando l’ennesimo campo di battaglia per i comitati del no e per il futuro sindaco.
Il quartiere fieristico internazionale sarà invece la cartina di tornasole della capacità di Bologna di ritagliarsi il ruolo di player di calibro europeo capace di fare da volàno alle sue eccellenze imprenditoriali e di aggregare attorno a un’unica holding l’intero sistema espositivo regionale. Ma la struttura Michelino è piccola, vecchia, incapace di trattenere i grandi eventi che emigrano a Milano (da SaieDue a Lineapelle fino al fresco addio di Lamiera), i conti 2015 si preannunciano in pesante rosso e il piano di riqualificazione ed espansione da oltre 70 milioni della gestione Campagnoli è stato cestinato dalla nuova presidenza. L’aeroporto Marconi, che funziona e macina successi dopo la recente quotazione in Borsa, si trova invece a fare i conti con una logistica cittadina che non è al passo: prima di tre anni i cantieri del People mover (la monorotaia di 5 km che collegherà in sette minuti lo scalo con la stazione ferroviaria Alta velocità) non saranno terminati e nel frattempo rischia di essere scoppiato il bubbone dell’isolamento di Fico-Eatalyworld, il parco tematico del food che dovrebbe fare di Bologna la capitale non solo dei motori ma anche del made in Italy agroalimentare. Basteranno i lavori sbloccati a inizio mese dal Cipe, con 372 milioni di euro sul piatto, per potenziare il sistema di trasporto pubblico dentro la grande città metropolitana, integrando servizio ferroviario e filovie urbane e accogliere i 6 milioni di visitatori attesi a Fico?
Servono infrastrutture materiali e immateriali e, soprattutto, formazione professionale. Bologna è già il benchmark italiano per la formazione duale (i casi Ducati e Lamborghini stanno facendo scuola). Un tema, quello della formazione, su cui concorda il fronte sindacale, con la Cgil che striglia i candidati per l’assenza del tema lavoro dalla campagna elettorale: «A Bologna oltre 30mila persone hanno perso il lavoro negli ultimi anni, avrebbero bisogno di avere risposte, nei programmi elettorali si parla sempre di altro». Ossia di welfare e card sociali, partecipazione attiva dei cittadini, sicurezza, immigrazione, elementi che non spostano la competitività economica del territorio ma forse qualche voto in più o in meno che deciderà per il ballottaggio di Merola.