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    Dossier | N. 9 articoliRapporto Sviluppo sostenibile

    Fondi a prova di riscaldamento

    Mark Carney  governatore della Banca Centrale inglese (Imagoeconomica)
    Mark Carney governatore della Banca Centrale inglese (Imagoeconomica)

    I cambiamenti climatici in atto sono uno dei temi più discussi nel mondo della finanza sostenibile. A creare interesse sul tema del riscaldamento globale è stata la Cop21 delle Nazioni Unite, organizzata nel dicembre scorso a Parigi. Una manifestazione che ha visto convergere molti Stati sulla necessità di ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera per contenere l’innalzamento della temperatura del pianeta ben al di sotto dei 2 gradi centigradi entro il 2020, puntando all’obiettivo di 1,5 gradi. Il 22 aprile scorso a New York, nella sede Onu, i capi di Stato di 171 Paesi hanno firmato l’accordo che rende operative le decisioni prese da Cop21.

    Riscaldamento e rischi

    Il riscaldamento globale sta provocando, fra gli altri danni, anche l’aumento del rischio catastrofi naturali. L’ultima in ordine di tempo è il grande incendio delle foreste canadesi nella provincia dell’Alberta. Secondo molti esperti Usa, gli incendi diventano sempre più frequenti e distruttivi anche a causa del cambiamento climatico: in dieci giorni in Canada sono andati in fumo 200mila ettari di foreste. E gli alberi sono le più importanti difese dal riscaldamento globale visto che assorbono CO2: quando bruciano, al contrario, provocano nuove emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera.

    Dalla Cop21 di Parigi è emersa poi la necessità sempre più stringente di puntare sulle energie rinnovabili, diminuendo l’uso dei combustibili fossili e in particolare del carbone. Tanto che molti investitori internazionali, con in testa i fondi pensioni inglesi, hanno deciso di “decarbonizzare” i propri investimenti, ovvero cedere asset legati alla produzione di carbone. Non solo. Anche le multinazionali dell’energia, in particolare quelle europee, hanno cominciato a investire in rinnovabili e a emettere anche green bond per determinati progetti nel settore.

    Financial stability e i timori di Carney

    Le catastrofi naturali causate dal riscaldamento globale hanno riflessi pure sui conti delle compagnie assicurative per i danni da risarcire. Su questo tema, nel settembre 2015 (nel corso di un convegno dei Lloyds a Londra), si è espresso in termini preoccupati Mark Carney, governatore della Banca centrale inglese e presidente del Financial stability board (Fsb). Carney, che ha preso il posto di Mario Draghi ai vertici del Fsb, spiegò che gli organismi internazionali chiedono un taglio alle emissioni di CO2 per contenere l’aumento della temperatura globale; e aggiunse che se i calcoli sono corretti, una gran fetta delle riserve di petrolio, gas e carbone diventeranno “stranded”, ovvero bloccate, incagliate. Quindi non utilizzabili. «L’esposizione degli investitori inglesi, incluse le compagnie di assicurazione, a questi cambiamenti è potenzialmente enorme», avvertì. Insomma mise in guardia dal rischio di perdite finanziarie per gli investitori. Una posizione, quella di Carney, criticata all’epoca dalla City londinese ma che poi ha avuto un sostanziale endorsement dai capi di Stato e di Governo alla Cop21.

    Come investire green

    L’evento parigino sul riscaldamento globale è stato dunque uno spartiacque per il mondo della finanza sostenibile. La Francia è al primo posto in Europa per patrimoni gestiti da fondi etici destinati ai piccoli risparmiatori (retail): secondo l’agenzia di rating etico Vigeo-Eiris, Parigi era a quota 47 miliardi di euro nel 2015 su un totale in Europa, per questo segmento di prodotti finanziari, di 135 miliardi. L’Italia è ferma a 3 miliardi di euro. Secondo alcuni gestori francesi, nel medio periodo tutti i fondi utilizzeranno i criteri Esg (ambiente, sociale, governance) ovvero il “filtro di sostenibilità” che consente di selezionare in portafoglio aziende che rispettano determinati parametri. I criteri di sostenibilità permettono infatti un migliore controllo dei rischi per gli investitori istituzionali; soprattutto, viene monitorato il rischio reputazionale, vero incubo per le aziende, in un mondo dove i social network sono la naturale cassa di risonanza per tali notizie.

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