Economia

Dossier Imprese centrali nelle politiche green

  • Abbonati
  • Accedi
    Dossier | N. 9 articoliRapporto Sviluppo sostenibile

    Imprese centrali nelle politiche green

    Le parole chiave del momento delle politiche per la sostenibilità? Governance multi-livello. Che vuol dire? È presto detto: gli Stati da soli non possono raggiungere i 17 obiettivi di sostenibilità fissati dalle Nazioni Unite con l’obiettivo di salvare il pianeta dallo spreco delle sue risorse naturali e umane. Alla governance statale, imposta dall’alto (top-down) va quindi sostituita una multi-livello, con Stati, società civile e mondo del business che elaborano regole condivise per contrastare i cambiamenti climatici e le crescenti disparità che minano la convivenza civile in molte aree del mondo. Questo tema, sviluppato da anni dalla dottrina (in Italia nel filone dell'economia civile portato avanti da studiosi come Luigino Bruni e Stefano Zamagni), è sempre più presente in tutte le ricerche sul tema.

    Su questa linea la Fondazione Gcni, ente che coordina il network italiano del Global compact con l’obiettivo di contribuire a sviluppare l’iniziativa omonima delle Nazioni Unite per la diffusione della cittadinanza d’impresa. Nel report «Making the case», pubblicato in collaborazione con la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e con il supporto di Terna, si chiede ai decisori che venga riconosciuta la centralità delle partnership pubblico-privato. La via del futuro è una condivisione partecipata delle strategie fra tutti i protagonisti del cambiamento, afferma la fondazione guidata dal professor Marco Frey (ospitata a Milano presso la Fondazione Eni Enrico Mattei, diretta da Sabina Ratti, che ospita anche il nodo italiano dello UN Sustainable development solutions network, Sdsn Italia).

    Ancora più chiaro il rapporto «The future of spaceship Earth», realizzato dall'ente di certificazione Dnv GL, che analizza la possibilità di raggiungere i 17 obiettivi di sostenibilità (Sdg) fissati per il 2030 dalle Nazioni Unite. Ricordiamoli: eliminare la povertà, porre fine alla fame, più salute e benessere, qualità dell'istruzione, eguaglianza di genere, acqua pulita e igiene, energia pulita e accessibile, lavoro dignitoso e crescita economica, industria, innovazione e infrastrutture, poi ridurre le diseguaglianze, città e comunità sostenibili, consumo e produzione responsabili, azioni climatiche, vita in acqua e sulla terraferma salvaguardata, pace, giustizia e istituzioni solide, partnership per il raggiungimento degli obiettivi. «In assenza di interventi straordinari, il rapporto stima che in nessuna regione del mondo (neanche negli Usa e nei Paesi Ocse) gli obiettivi verranno completamente raggiunti - spiega Luca Crisciotti, Ceo di Dnv GL -. Il pianeta farà progressi in materia di salute, benessere e istruzione ma i divari tra le diverse regioni rimarranno significativi. E i problemi legati a diseguaglianze e a cambiamenti climatici continueranno a porre le sfide maggiori».

    Nella studio si auspica un maggiore coordinamento delle politiche. Le Nazioni Unite devono trovare il modo di coinvolgere attivamente il settore privato nel raggiungimento degli obiettivi, è scritto. E i business leader più proattivi saranno di ispirazione per i decisori politici. Uno scenario bottom-up, quindi, con best practice che dal basso ispirano le politiche.

    E le imprese più impegnate in una governance evoluta e nella sostenibilità che cosa ci guadagnano? Molto: dal recupero di efficienza (derivante dal taglio degli sprechi) fino allo sviluppo di nuovi prodotti green. E pare che i consumatori siano disposti a premiare le aziende più virtuose. Secondo lo studio 2016 del Reputation institute, che vede oltre 41mila valutazioni su oltre 350 aziende operanti in Italia in più di 20 settori merceologici, più è forte il percepito positivo nelle aree di Csr (Corporate social responsibility), più aumenta la propensione all’acquisto da parte dei suoi consumatori.

    «In particolare - spiega Michele Tesoro-Tess, managing director Italia, Svizzera e Medio Oriente del Reputation Institute - nell'ambito dei produttori di beni di consumo, un aumento di 5 punti nel Csr Index genera un +8% in propensione d'acquisto (che diventa +7% per le società del settore servizi). I clienti, quindi, confermano un trend ormai costante da qualche anno: comprano di più e con maggiore soddisfazione da aziende socialmente responsabili. Essere sostenibili pesa per oltre il 40% della reputazione di un azienda, è quindi un asset fondamentale per le organizzazioni, occorre guardare alla sostenibilità come reale leva di business e non come make-up».

    L’onda green costringerà a rivedere anche le strategie dei decisori pubblici. Le imprese che portano avanti con successo questo percorso di crescita, acquisiscono presto o tardi consapevolezza del proprio ruolo sociale. E non ci stanno più a essere trattate da Bancomat per sopperire a carenze pubbliche, ad esempio sotto il profilo del welfare, faceva presente Stefano Zamagni sul precedente Rapporto Sviluppo sostenibile del Sole 24 Ore. A quel punto, chiederanno di sedersi al tavolo con i decisori pubblici, al pari della società civile: è questo i senso della governance multi-livello. E le Nazioni Unite, nell’iniziativa Global compact, sostengono che questa è la strada da percorrere. Solo se queste istanze saranno colte, potrà aprirsi una nuova era di crescita economica stabile, duratura e sostenibile nel medio-lungo periodo, ritiene l’Onu.

    © Riproduzione riservata