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L’uscita anticipata costerà dall’1 all’8 per cento

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L'Analisi|IL PIANO DEL GOVERNO

L’uscita anticipata costerà dall’1 all’8 per cento

«Ape», anticipo pensionistico, più «Rita», Rendita integrativa temporanea anticipata. I cardini del meccanismo con cui sarà regolata la flessibilità in uscita per le pensioni sono già stati individuati dalla cabina di regia economica di Palazzo Chigi, guidata dal sottosegretario alla Presidenza, Tommaso Nannicini. Ma restano ancora da sciogliere i nodi della calibratura delle "penalizzazioni" degli assegni anticipati, che dovrebbero essere in media del 3-4% oscillando da un minimo dell'1% a un massimo dell'8% anche sulla base del reddito pensionistico, e delle "selettività", ovvero delle diversa decurtazione del trattamento partendo varie tipologie di lavoratori. E, soprattutto, occorre fare in conti con i chiari vincoli fissati dall'Europa in materia previdenziale che rendono possibili "aiuti" generalizzati dello Stato.

Il piano del Governo
Secondo lo schema abbozzato dai tecnici del Governo l'impatto dell'anticipo pensionistico, denominato «Ape», potrà essere ridotto dalla «Rita». La Rendita integrativa temporanea anticipata dovrebbe consentire dal 2017 agli "over 63" (i nati tra il 1951 e il 1953), che abbiano aderito alla previdenza complementare e siano nelle condizioni di uscire anticipatamente, di incassare subito parte della pensione integrativa. Con il "vantaggio" di ridurre in maniera significativa (anche dimezzare) il "prestito", indispensabile per usufruire dell'assegno previdenziale anticipato. Che sarà poi collegato a un meccanismo di detrazioni fiscali variabili dalle quali dipenderà la reale decurtazione del trattamento. Il "prestito" sarà garantito dalle banche (sotto forma di cessione di prestito individuale) e la durata dell'ammortamento per la restituzione a rate del prestito sarà di vent'anni.

La partita con i sindacati
Un'operazione che dovrebbe costare alle casse dello Stato non più di 500-600 milioni e che avrebbe per i primi tre anni una natura sperimentale. Ma sull'intervento, che dovrebbe riguardare anche i dipendenti pubblici, non mancano le incognite. A cominciare da quelle legate alla calibratura delle penalizzazioni. Che dovrebbe essere quasi zero per i disoccupati di lungo corso, ma salire per i lavoratori coinvolti in crisi aziendali e soprattutto per le uscite volontarie. I picchi (minimo e massimo) potrebbero non essere graditi ai sindacati, con cui il Governo ha avviato un confronto, così come il tipo di "selettività" per sole tre categorie di lavoratori. Anche per questo motivo le organizzazioni sindacali chiedono l'immediata convocazione del promesso tavolo specifico sulla previdenza. Il Governo ha annunciato che il confronto ripartirà entro giugno ma anche subito chiarito che quando verrà il momento deciderà autonomamente.

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