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    Dossier | N. 123 articoliElezioni comunali 2016

    Superata l’epopea del cambiamento, si parla di più dei problemi reali

    Giuseppe Sala e Stefano Parisi (Fotogramma)
    Giuseppe Sala e Stefano Parisi (Fotogramma)

    Sono passati solo 5 anni dalla campagna elettorale che vedeva contrapposti Giuliano Pisapia per il centrosinistra e Letizia Moratti per il centrodestra, ma in così poco tempo a Milano sembra cambiato il mondo. E in effetti è così. La contrapposizione fra Giuseppe Sala, candidato del centrosinistra (meno un pezzo di sinistra che intanto si è staccata), e Stefano Parisi, candidato del centrodestra (più l’Ncd sotto forma di una lista civica), si caratterizza per un insolito fairplay e per un dibattito nel merito dei problemi economici della città: dalle start-up al fisco, dal recupero delle periferie al trasporto pubblico, dalle privatizzazioni all’internazionalizzazione.

    È un palcoscenico molto diverso da quello del 2011, quando i colpi bassi e i dossier segreti erano all’ordine del giorno.

    Per la conquista di Palazzo Marino finirono nel tritacarne anche i familiari dei candidati. Basterà pensare alla casa presa in affitto dal Pio Albergo Trivulzio dalla moglie di Pisapia, o il loft senza permessi del figlio della Moratti, fino all’epilogo finale, quello che probabilmente costò il secondo mandato a Letizia Moratti: l’accusa mossa a Pisapia di essere stato vicino a gruppi eversivi negli anni Settanta e di essere per questo stato condannato (mentre Pisapia dimostrò subito la sua assoluzione). Quel tipo di scontro non esiste più.

    Anzi, quando ce n’è stata occasione, Parisi e Sala se ne sono guardati bene. Sotto la lente c’è stato molto di più Sala, per ovvi motivi: la sua esperienza da commissario unico di Expo lo ha reso più esposto alle critiche.

    I partiti del centrodestra sono da mesi passati all’attacco sui conti dell’evento universale, fino ad arrivare alla presunta mancata dimissione formale dal suo ruolo di commissario.

    Eppure Parisi si è tenuto lontano dalla polemica. E anche Sala, che pure ricorda di tanto in tanto a Parisi il rischio di una Lega troppo invadente nella coalizione, non lo ha mai accusato di essere ostaggio del Carroccio.

    Il motivo di questa campagna sottotono non è solo da ricercarsi nelle caratteristiche individuali dei due avversari principali, entrambi con esperienze da manager e poco inclini alla dialettica politica tradizionale.

    E non è neppure attribuibile soltanto al fatto che l’esito, almeno al primo turno, appare già scontato, con un ballottaggio quasi certo tra Sala e Parisi.

    Il punto è che in questa campagna elettorale manca l’epopea del cambiamento politico che Pisapia aveva cavalcato, dopo 18 anni di amministrazione comunale di centrodestra, sullo sfondo di un governo Berlusconi ormai in pieno declino. Non c’è neppure la contrapposizione simbolica tra due personalità molto distanti fra loro, come potevano essere Pisapia e il leader della Lega Matteo Salvini, del cui potenziale scontro elettorale si fantasticava ormai oltre un anno fa, e che poteva assumere i toni di un braccio di ferro tra due diverse visioni del mondo. Quest’anno, infine, non c’è neppure la questione della continuità, perché senza la ricandidatura di Pisapia le amministrative del 2016 assumono solo indirettamente la valenza di un referendum sull’ultimo quinquennio.

    Calma piatta dunque, con una sola vera nube all’orizzonte: l’astensione. Nel 2011 votò il 67% degli aventi diritto; quest’anno, secondo alcune previsioni, si potrebbe scendere sotto il 60. Se ci fosse un calo di affluenza di oltre il 10% non sarebbe un bel segnale per nessuno dei candidati.

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