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Dossier Campagna in sordina, per il bis di Merola solo il dubbio ballottaggio

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    Dossier | N. 123 articoliElezioni comunali 2016

    Campagna in sordina, per il bis di Merola solo il dubbio ballottaggio

    Candidati di Bologna
    Candidati di Bologna

    La campagna elettorale bolognese ha raggiunto quest’anno il punto più sbiadito degli ultimi decenni. Colpa sicuramente della certezza con cui si preannuncia da mesi il bis dell’attuale primo cittadino Virginio Merola (Pd), dato per scontato dallo stesso premier Renzi già a metà aprile scorso, quando nella sua visita sotto le Due Torri per la firma sul Passante autostradale disse: «Saluto il sindaco dei precedenti cinque anni e dei prossimi cinque».

    Merola, 61 anni tutti a sinistra, corre per il rinnovo (sostenuto da quattro liste civiche) assieme ad altri otto candidati per un totale di 17 liste: Lucia Borgonzoni (pasionaria della Lega Nord, su cui convergono anche Forza Italia e Meloni-Fratelli d’Italia), Massimo Bugani candidato “naturale” per il Movimento 5 Stelle (non è stato scelto né con voto online né con primarie, è il consigliere grillino uscente) e Manes Bernardini, ex Lega oggi leader del movimento civico “Insieme Bologna”, che nella precedente tornata elettorale del 2011 aveva mancato il ballottaggio per poche centinaia di voti. Gli altri cinque esponenti non hanno chance di finire allo spareggio, stando ai sondaggi, né il professore dell’Alma Mater Federico Martelloni di Coalizione civica, né l’imprenditore Sergio Celloni. Virginio Merola è dato per vincente al secondo turno con percentuali vicine al 70% ma incerto per pochi punti al primo, così come successe cinque anni fa, quando ottenne l’investitura al primo giro ma per appena mezzo punto percentuale.

    Nelle amministrative 2011, però, andò a votare il 71,4% degli elettori, percentuale difficile da replicare quest’anno. L’affluenza alle urne è la vera incognita, che rischia di delegittimare – a prescindere dall’esito ufficiale delle schede – il bis del Pd. Brucia ancora tra le mura felsinee il ricordo di quel misero 39,4% di bolognesi che andò a votare per le regionali 2014. Nel mezzo i cinque anni di mandato Merola non lasciano tracce indelebili né in un senso né nell’altro, ma con una coda di vicende in queste ultime settimane che opacizzano la figura del filosofo di origini casertane. A partire dalla guerra in Fondazione Carisbo – il bancomat della città - dopo l’esclusione dall’assemblea dei soci del giovane neorettore dell’Università di Bologna, con una scia di defezioni celebri come Romano Prodi e l’ex sindaco Giorgio Guazzaloca, che tra il 1999 e il 2004 guidò la prima e unica giunta di centro-destra della città dal dopoguerra. A pesare sul bilancio comunale sono anche il buco sopra le attese nel bilancio 2015 di BolognaFiere (Merola è il primo socio con il 24% dell’expo, come sindaco sia del Comune sia della Città metropolitana) e l’emergenza del Teatro comunale, che annaspa da anni a un passo dal fallimento.

    «Non credo nei sondaggi ma il destino politico di Bologna pare segnato in partenza - commenta il politologo Paolo Pombeni, professore emerito dell’Alma Mater –. L’esponente di tutto il centro-destra Borgonzoni non è una trascinatrice di folle e il grillino Bugani è un funzionario di apparato, di per sé un controsenso. Bernardini può essere una minaccia al ballottaggio se riesce a coagulare attorno a sé tutte le forze di opposizione, ora che corre solo. Dall’altro lato c’è un primo cittadino che non eccelle e non sfigura, semmai ondeggia, che è l’unica vera critica che gli si può muovere».

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