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Dossier Occorrono professionalità orientate al mercato

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    Dossier | N. 3 articoliRapporto Fiere

    Occorrono professionalità orientate al mercato

    Nel giro di pochi anni, le organizzazioni fieristiche europee hanno dovuto affrontare importanti cambiamenti, sulla scia delle ristrutturazioni delle aziende manifatturiere e della nuova concorrenza. La crisi ci ha restituito aziende espositrici più esperte e consapevoli, che spesso partecipano da sole alle manifestazioni dei Paesi di esportazione e progressivamente snobbano le fiere di origine. In più, si sono sviluppate nuove piattaforme fieristiche nei Paesi a sviluppo recente le quali, oltre a distogliere una buona parte del budget destinato alle fiere europee, hanno catturato una parte dei visitatori che un tempo erano esclusiva dell’Europa. Ne è risultata la progressiva selezione delle manifestazioni a carattere intercontinentale (a cui partecipano visitatori extraeuropei) e il declassamento di fatto degli eventi meno qualificati verso un livello di visite nazionale-locale. Il processo è ora in parte compensato dai nuovi espositori extraeuropei che partecipano alle fiere europee per l’import dell’Europa, ma è innegabile che, al di là dei risultati di fatturato ancora positivi, il cambiamento sia epocale.

    Il sistema fieristico del nostro Paese, in particolare, è basato su imprese organizzatrici di piccole-piccolissime dimensioni, spesso guidate dalle associazioni dei produttori, con limitate risorse e limitata esperienza di eventi all’estero. Quest’ultima è appunto la via che i grandi organizzatori europei hanno impostato già trent’anni fa per seguire i clienti: ma è una via ad alto rischio, che complica molto il modo di operare dei più piccoli. È dunque evidente che prima ancora di affrontare questa prospettiva vadano considerate le professionalità necessarie per operare più efficacemente nel settore.

    La via dell’efficacia in questo momento non è certo quella della riduzione dei costi o dei prezzi, ma piuttosto quella dell’investimento organizzativo e comunicativo, mirato soprattutto a battere una concorrenza sempre più pressante. L’investimento si prospetta in almeno tre direzioni. La prima riguarda la concezione stessa di evento fieristico. Sono ancora pochi gli organizzatori focalizzati sulla experience settoriale per i visitatori, anziché sulle vendite di servizi logistici e di stand agli espositori. Inoltre, quando si tratta di fiere per operatori quali sono quelle internazionali, l’esperienza offerta non può essere supportata da suoni, profumi e divertimento, come nel caso dei visitatori consumer. I visitatori business richiedono esperienza strumentale alla loro attività, focalizzata soprattutto sull’innovazione e i trend complessivi, e meno sui singoli acquisti (risolti sul web).

    In questa prospettiva, all’organizzatore è richiesta non solo un’attività di coordinamento degli eventi dei singoli espositori, ma la costituzione di contesti espositivi sempre nuovi, l’investimento in propri eventi e attività di contenuto dell’evento complessivo, magari per riempire i vuoti lasciati dalla mancanza di espositori leader.

    La seconda direzione di investimento riguarda lo specifico ruolo che la manifestazione vuole assumere all’interno dell’ampia offerta di eventi collettivi in ogni settore. Questa è una criticità che riguarda molte delle nostre fiere dell’esportazione (o dell’offerta nazionale in Italia). Se infatti una manifestazione è leader internazionale potrà facilmente – benché urgentemente - evolvere verso la rappresentazione della “offerta Europa” (non solo Italia), al fine di ricoprire il ruolo di evento intercontinentale che è oggi richiesto per rimanere sul mercato (e non subire la concorrenza crescente delle fiere con migliori location). Ma se la portata della fiera già è limitata rispetto alle concorrenti europee, occorre sperimentare posizionamenti diversi o complementari, al fine di dare una senso specifico alla presenza e alla comunicazione di espositori e visitatori che in parte già partecipano ad altre fiere europee o extraeuropee. Qualche organizzatore ha giustamente suggerito la specializzazione sulla “esperenzialità locale”, con la valorizzazione dei contesti produttivi degli offerenti, ma ciò richiede tuttavia una approfondita conoscenza dei target, una comunicazione adeguata e una corretta gestione delle aspettative. In sostanza, richiede professionalità con adeguata competenza e orientamento al mercato. Fare fiere oggi è un lavoro che non può essere improvvisato.

    Infine, il campo degli investimenti non può prescindere dalla relazione con i clienti (Crm) e dall’uso dei social media. Il Crm oggi è di certo potenziabile con mille soluzioni online e può molto aiutare la conoscenza e la soddisfazione dei propri target. I social media offrono infinite possibilità di trasformare un evento in contenuti di comunicazione da veicolare a tutti i tipi di target. E ovviamente, per ogni settore e ogni tipo di target, ci sono blog e social differenti, con proprie regole, che richiedono dedizione e specializzazione. In sostanza, per emergere, è ancora una volta richiesto orientamento al mercato e investimenti in nuove professionalità.

    L'autrice è docente dell'Università Bocconi e direttrice
    dell'Osservatorio fiere presso il Cermes-Bocconi

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