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Dossier Visto dagli organizzatori: necessario evitare le duplicazioni di eventi

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    Dossier | N. 3 articoliRapporto Fiere

    Visto dagli organizzatori: necessario evitare le duplicazioni di eventi

    Operano nel mondo delle fiere con ruoli differenti: sono organizzatori “di mestiere”, che fanno degli eventi stessi il loro core business, oppure sono associazioni di categoria che utilizzano le kermesse soprattutto come strumenti di politica industriale. Sono realtà italiane o internazionali. In tutti i casi, tra questi organizzatori di manifestazioni espositive che operano (anche) in Italia (appartenenti a tipologie diverse da quella dei gestori di quartieri fieristici organizzatori di eventi) sembrano emergere alcuni concetti di fondo: bisogna dare un respiro sempre più internazionale agli eventi e porre rimedio alla tradizionale frammentazione dell’offerta del sistema fieristico italiano, che crea spesso sovrapposizioni dannose non solo per chi li organizza, ma anche per le imprese stesse che vi partecipano.

    La parola chiave per rendere ancora attuali e “necessarie” le fiere, in un mondo dove la comunicazione e la promozione corrono ormai in gran parte sul Web, è internazionalizzazione. Lo è secondo Vincenzo M. Franco, vicepresidente del Comitato Fiere Industria di Confindustria (e direttore generale di Pitti Immagine): «La crescita sui mercati esteri è fondamentale per lo sviluppo delle aziende italiane, che però hanno in larghissima maggioranza una dimensione molto ridotta – spiega –. Pensi che a Pitti Immagine Uomo il 65% degli espositori ha un fatturato annuo inferiore ai 5 milioni di euro. Le fiere servono a sostenerne il processo di internazionalizzazione». E per essere attrattive a livello globale devono puntare soprattutto sulla «qualità dell’offerta, attraverso una attenta selezione degli espositori, e dei servizi – aggiunge Franco –. Le fiere sono infatti una vetrina non soltanto per le aziende espositrici, ma anche per il Paese e per il brand made in Italy. Sono un vero strumento di politica industriale».

    Su questo punto insiste anche Roberto Snaidero, presidente di Federlegno Arredo, l’associazione industriale che rappresenta le imprese italiane del comparto legno-arredo e che, attraverso sue società, organizza sia il Salone del Mobile di Milano, sia la fiera dell’edilizia e dell’architettura Made Expo. «Il nostro è un punto di osservazione particolare – spiega Snaidero – perché, pur essendo un’associazione, affrontiamo noi stessi una sfida imprenditoriale, ma il nostro primo interesse resta promuovere il business delle aziende associate, ed è dunque questo obiettivo che guida le nostre scelte anche come organizzatori di fiere, in Italia e all’estero». Da qui le tante attività di promozione, con il sostegno di Ice e Mise, sui principali mercati esteri, per intercettare i «top buyer» internazionali (studi di architettura, designer,costruttori e rivenditori) da portare a Milano nei giorni del Salone e garantire l’incontro con le aziende italiane. E da qui la scommessa di esportare il fortunato format del Salone del Mobile: dopo l’esperienza dei Saloni WorldWide di Mosca che, avviata 12 anni fa, resiste nonostante le difficoltà del mercato russo, quest’anno il Salone debutterà in Cina, con l’evento in calendario dal 19 al 21 novembre a Shanghai.

    Proprio per competere nel quadro internazionale, l’industria italiana delle fiere dovrebbe superare la frammentazione dell’offerta che ancora la caratterizza. «Servirebbe un maggiore coordinamento tra quartieri fieristici a livello nazionale, attraverso organismi di controllo e comitati di indirizzo che facciano davvero sistema», suggerisce Massimiliano Pierini, managing director di Reed Exhibitions Italia, divisione della multinazionale Relx che gestisce oltre 500 eventi nel mondo legati a 43 settori industriali. In Italia, il gruppo organizza a Milano la Mostra Convegno Expocomfort (Mce), dedicata all’impiantistica civile e industriale, e Viscom, rivolta all’industria della comunicazione visiva. «È inutile fare tante piccole fiere dedicate allo stesso comparto e in luoghi vicini – aggiunge Pierini –: in questo modo si aiutano soltanto i competitor esteri».

    Un modello di riferimento è quello tedesco che, spiega l’amministratore delegato di Messe Frankfurt Italia Donald Wich, è cresciuto nei decenni grazie a una cabina di regia nazionale che ha assegnato a ciascun quartiere specializzazioni differenti, per evitare la concorrenza reciproca. «Il contesto italiano è comunque molto positivo per operare», precisa Wich. Messe Frankfurt (che nel 2015 ha organizzato 132 fiere in tutto il mondo in oltre 40 poli fieristici) in Italia organizza la fiera Sps Ipc Drives di Parma sull’automazione industriale e numerose mostre-convegno. La strategia del gruppo si fonda sulla riproposizione dei principali format fieristici tedeschi sui mercati esteri strategici. Tra cui l’Italia, dove «siamo riusciti a ritagliarci spazi importanti nei settori delle tecnologie, dell’automazione e dei macchinari – aggiunge Wich – che abbiamo individuato come fattore decisivo per la competitività delle imprese del made in Italy».

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