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L’OMICIDIO IN EGITTO

Regeni, l’Università di Cambridge non risponde agli investigatori italiani: «I suoi studi sono segreti»

  • –di Ivan Cimmarusti
(Reuters)
(Reuters)

Lo studio sui sindacati indipendenti egiziani di Giulio Regeni è «confidenziale». È una specie di facoltà di non rispondere, quella di cui si avvale l’Università di Cambridge, interpellata con rogatoria internazionale dalla Procura della Repubblica di Roma nell’inchiesta sul sequestro e omicidio del ricercatore, avvenuti tra gennaio e febbraio scorsi al Cairo.

L’ateneo britannico si nasconde dietro un’apposita norma, che consente di non rivelare dettagli su particolari lavori didattici. Un diniego che pone un interrogativo: da cosa deriva questa segretezza? Al momento non c’è una risposta chiara. Ma solo il sospetto – smentito in passato dallo stesso mondo accademico inglese – che il lavoro didattico di Giulio potesse finire anche sulle altre scrivanie oltre quella della docente di Cambdridge Maha Abdelrahman, egiziana trapiantata nel Regno Unito e definita una dissidente al governo di Al Sisi. La stessa professoressa, che col 28enne di Udine aveva una corrispondenza concentrata sui sindacati indipendenti, organismi fortemente contrastati dal governo egiziano, non ha voluto rispondere alle domande dei magistrati, proprio in virtù di quella norma che permette il silenzio.

Il procuratore capo Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco hanno, però, definitivamente sconfessato la tesi secondo cui Regeni fosse stato assoldato in prima persona da organizzazioni estere di intelligence. Colaiocco – che ha eseguito la rogatoria in Inghilterra assieme al Ros, al comando del generale Giuseppe Governale, e dello Sco, diretto da Renato Cortese – ha passato al setaccio il conto di Giulio in una banca britannica. All’interno poche migliaia di euro provenienti da soggetti individuati che, quindi, escludono un rapporto lavorativo dubbio.

Resta l’interrogativo sui motivi del rifiuto di Cambridge di fornire informazioni sullo studio di Giulio. Una ricerca scomoda, hanno testimoniato alcuni compagni inglesi agli inquirenti italiani, attorno alla quale – è l’ipotesi investigativa – sarebbero sorti i malumori di apparati di sicurezza egiziani. Per questo le informazioni su quel lavoro potrebbero aiutare gli inquirenti a chiarire il movente del sequestro e dell’omicidio.

Nella ricostruzione della vicenda, infatti, assume rilievo il rapporto che il ricercatore di Udine aveva stretto con i sindacati indipendenti, che dopo la rivoluzione del 25 gennaio 2011 sono stati emarginati dalle istituzioni egiziane. In particolare, Giulio dialogava con Mohamed Abdallah, il capo di quegli organismi, cui aveva promesso di devolvere i 10mila euro che avrebbe ricevuto dalla Fondazione britannica Antipode come finanziamento per la sua ricerca. Sarebbe stato questo denaro a far precipitare gli eventi. La legge egiziana, infatti, non permette finanziamenti esteri ai sindacati indipendenti. E attorno a questa problematica sarebbe nato un duro scontro con Abdallah, il quale avrebbe preteso lo stanziamento.

A questo si aggiunga un altro fatto: all’indomani del ritrovamento del corpo di Giulio (il 3 febbraio sull’autostrada che collega Alessandria con il Cairo), il capo dei sindacati ha rilasciato una dichiarazione alla stampa. Ha detto che Regeni «mi ha offerto soldi per ottenere informazioni sui sindacati». Particolare, questo, smentito dalle email inviate da Giulio a Hoda Kamel, del Centro egiziano per i diritti economici, un mese prima della scomparsa, avvenuta il 25 gennaio, in cui illustra le pretese dell’uomo. Il ricercatore, dunque, potrebbe essere stato «tradito» dall’interno dei sindacati indipendenti. Forse dallo stesso Abdallah – interrogato nei giorni scorsi dall’autorità cairota – la cui versione dei fatti interessa a Pignatone e Colaiocco. Perché il suo ruolo potrebbe essere chiave. D’altronde i magistrati hanno passato al setaccio il suo tabulato telefonico (del mese di gennaio), individuando alcuni contatti che Abdallah avrebbe avuto con soggetti su cui la Procura vuole vederci chiaro. L’ipotesi è che attraverso un giro di comunicazioni telefoniche possa essere spuntato il nome di Giulio, erroneamente valutato come una spia intenzionata a entrare nel sindacato indipendente con lo scopo di fomentarne lo scontro col governo.

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