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La verità negata anche dal tempio del sapere

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L'Analisi|indagine a ostacoli

La verità negata anche dal tempio del sapere

Abbiamo denudato il regime poliziesco dell’ex generale al Sisi, condannato la sua brutalità e sottolineato i fallimenti economici; abbiamo richiamato l’ambasciatore al Cairo, convocato alla Farnesina quello egiziano a Roma e congelato rapporti economici antichi quanto Cesare e Marco Antonio.

Tutto questo perché il governo egiziano si rifiutava – e continua a rifiutarsi – di dirci la verità. Una verità plausibile, tracce e tasselli di verità per capire perché il regime egiziano si è accanito così su Giulio Regeni: solo un ricercatore, dopo tutto. Ora, in modo inaspettato, a negarci la loro parte di verità sono i docenti e i tutor dell’Università di Cambridge da dove Giulio veniva e per la quale stava compiendo una ricerca estremamente difficile e pericolosa sui sindacati egiziani: oggi l’unica credibile opposizione al regime al Sisi.

I nostri inquirenti in missione in Inghilterra volevano solo chiarire il significato di alcune e-mail che Giulio aveva scambiato con i suoi docenti. Praticamente tutti coloro che erano in contatto con lui si sono rifiutati di rispondere. A tempo debito manderanno «relazioni finalizzate a descrivere la tipologia delle comunicazioni». Un’ottusità e un tono burocratico che non fanno onore a un tempio mondiale del sapere dal quale tutti i nostri figli sognano di passare. Questo silenzio da regime egiziano ci costringe ad avanzare due sospetti: il primo è che i luminari di Cambridge sapessero perfettamente la pericolosità della ricerca affidata a Giulio; la seconda è che a sua insaputa Giulio non lavorasse solo per l’università ma anche per un’intelligence. Sono insinuazioni gravi. È anche per questo, per il suo buon nome oltre che per la verità, che Cambridge ha il dovere di scendere dal piedistallo d’avorio e dirci tutto quello che sa.

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