L’obiettivo minimo per il Pd e per il suo leader Matteo Renzi è ora non perdere Milano al ballottaggio. E con soli 5mila voti di scarto che separano il primo posto del “renziano” Giuseppe Sala dal secondo dal candidato del centrodestra Stefano Parisi non è un obiettivo facilissimo. Su Torino e Bologna c’è ottimismo. Quanto a Roma, occorre almeno tentare una onorevole sconfitta ma sentendosi comunque «in campo». Il premier e segretario del Pd, almeno, crede che il miracolo sia possibile. E per recuperare il gap di 10 punti percentuali che separa la pentastellata Virginia Raggi dal democratico Roberto Giachetti tra Largo del Nazareno e Palazzo Chigi si pensa di puntare su un argomento fin qui poco sottolineato nel dibattito tra i candidati: la candidatura della Capitale alle Olimpiadi del 2024, candidatura che vede la Raggi contraria. Ieri è stato un simbolo del calcio romano e nazionale come Francesco Totti a caldeggiare il sogno olimpico: «Avere una visione lungimirante per il futuro di Roma significa perseguire obiettivi importanti, e tra questi c’è sicuramente la candidatura alle Olimpiadi: da romano e romanista io sarò sempre orgogliosamente a favore delle Olimpiadi a Roma», ha scritto il capitano della Roma, sottolineando più tardi di «non volersi schierare per nessuno». Intanto il M5S è in qualche modo subito corso ai ripari con una parziale retromarcia per bocca di Alessandro Di Battista: «L’iter delle Olimpiadi è già iniziato e noi non lo interromperemo, anche se non è ancora successo che Roma abbia vinto la candidatura. Però nell’amministrazione capitolina verrà prima l’ordinario e poi lo straordinario».
Renzi è in campo a tutto tondo, nessuna voglia di depersonalizzare i ballottaggi di domenica 19 giugno. L’agenda dei prossimi giorni è naturalmente fitta di impegni come premier, a partire della presenza all’annuale convegno dei Giovani industriali di Santa Margherita ligure per finire, proprio alla vigilia dei ballottaggi, con il business forum di San Pietroburgo. E naturalmente Renzi punta molto sull’annunciato «no Tasi day» di giovedì 16 giugno, l’iniziativa dei banchetti in tutta Italia per festeggiare l’abolizione della tassa sulla prima casa. Un’occasione, anche, per rilanciare sul piano di tagli alle tasse allo studio per la prossima finanziaria: Ires, forse un anticipo di Irap, forse gli 80 euro anche ai pensionati, l’uscita flessibile dal mondo del lavoro. In ogni caso qualche presenza al fianco dei candidati dem ci sarà.
Ieri Renzi ha sentito Sala, Fassino, Giachetti (oltre a informarsi delle condizioni di salute del presidente Silvio Berlusconi, come scriviamo a pagina 19). Spronando tutti i candidati a puntare sui temi concreti delle città e a mettere in evidenza le contraddizioni dei grillini e delle loro due candidate in campo a Torino e Roma. Nessuno sconto a Beppe Grillo insomma, come dimostra la polemica di ieri sui numeri del Pd e del M5s (si veda l’articolo di fianco), anche se soprattutto a Milano saranno proprio i voti grillini quelli che probabilmente decideranno il risultato finale, visto che l’80 per cento dei milanesi si è già diviso tra Sala e Parisi. «È difficile che a Milano l’elettore antisistema si acconci a votare Parisi, il candidato di Berlusconi e di Salvini...», è il ragionamento dei dem. Tuttavia ai piani alti di Largo del Nazareno si è registrato con una certa apprensione l’endorsement di Salvini e di La Russa in favore delle candidate Raggi e Appendino. Una chiara richiesta - viene interpretato - di ricambiare silenziosamente il favore nella città meneghina per dare un colpo al Pd e al suo premier. Il “tutti contro Renzi” è l’effetto più temuto in casa democratica. E ieri anche il presidente emerito Giorgio Napolitano ha detto la sua sui risultati delle comunali: «Elezioni complesse, sono state tirate somme discutibili».
Quanto ai rapporti interni al Pd, nonostante lo sforzo di non parlare prima dei risultati dei ballottaggi i nervi restano tesissimi. Pier Luigi Bersani parlerà ufficialmente solo dopo il 19 giugno. Ma la moratoria chiesta da Renzi fino al referendum di ottobre è già bella che saltata. Agli esponenti della minoranza non sono piaciuti i toni su Napoli e sul Sud usati da un segretario che è in sella, si fa notare, da quasi tre anni. E Bassolino ha attaccato duramente: «A Napoli disastro voluto, abbiamo perso senza combattere». I deputati della minoranza si riuniranno intanto alla Camera stasera, dopo le votazioni, per tirare le prime conclusioni. Intanto ieri nuova querelle con Ballarò accusato di dare «una tabella falsata sulle comunali».
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