
Nei primi tre mesi dell'anno, rispetto ai primi tre mesi del 2015, il numero di occupati è salito di 242mila unità, e a crescere verso l'alto sono stati soprattutto i rapporti a tempo indeterminato (+341mila unità su base annua). Gli inattivi, tra cui tanti scoraggiati, sono in calo, e anche il tasso di disoccupazione, sempre nel tendenziale, si riduce di quasi 1 punto percentuale, con un calo tendenziale di 127mila disoccupati di lunga durata.
Gli effetti del Jobs act e soprattutto della forte decontribuzione, in vigore da gennaio 2015, si vedono: i dati grezzi diffusi poco fa dall'Istat segnano riduzioni sia degli oneri sociali, sia del costo del lavoro (-1,5 punti), dovuti essenzialmente al forte taglio dei contributi. A gennaio 2016 gli sgravi si sono però ridotti. Leggendo nel dettaglio i dati, la situazione è più articolata. Il punto è che l'aumento dell'occupazione riguarda essenzialmente il settore dei servizi (l'industria e' ancora in affanno, e anche l'edilizia).
I posti fissi in più, poi, sono maggiori nella classe d'età 50-64. Cresce poi il tempo parziale, ma risale il tempo pieno. L'occupazione aumenta per gli uomini, nelle regioni del Nord, per i laureati e per gli stranieri. Ci sono quindi settori e fette di popolazione che per ora non si stanno muovendo nel mercato del lavoro: non c'è dubbio che serve maggiore ripresa, ma vanno subito confermati gli sgravi per le aziende, e resi stabili. Visto che stanno funzionando.
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