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Legnini: «Un decreto per una giustizia efficiente»

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il vicepresidente del csm

Legnini: «Un decreto per una giustizia efficiente»

(Imagoeconomica)
(Imagoeconomica)

Un «decreto efficienza» per il reclutamento straordinario del personale amministrativo e per superare le «gravi criticità della Cassazione»: è una prospettiva che il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Legnini, considera realistica appena uscito da via Arenula, dove ha avuto un lungo colloquio con il ministro della Giustizia Andrea Orlando, preceduto, ventiquattr’ore prima, dall’incontro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

In entrambe le occasioni si è parlato di efficienza, duramente compromessa dalla carenza di cancellieri e di magistrati (ne mancano, rispettivamente, 9mila e mille), ma anche delle pesanti accuse rivolte al Csm dal presidente dell’Anm Piercamillo Davigo per la «prassi orribile» di nominare i capi degli uffici con la logica dell’«uno a me, uno a te, uno a lui». Due fronti che «preoccupano» anche il Colle.

Presidente, l’efficienza della giustizia è essenziale per la competitività del sistema Paese, ma è gravemente compromessa (nel penale e nel civile) dalla carenza di cancellieri, che sta paralizzando gli uffici e che la mobilità non ha risolto. L’unico rimedio è bandire un concorso, in deroga al blocco delle assunzioni. C’è questa prospettiva?
Non c’è dubbio che tra tutte le misure necessarie per il recupero di efficienza, il reclutamento straordinario di personale amministrativo è “la” priorità, altrimenti anche gli effetti positivi delle riforme, approvate e in itinere, rischiano di vanificarsi. Devo dare atto che il ministro Orlando ha ben chiaro il problema, e non da oggi, tant’è che già ha ottenuto l’autorizzazione legislativa ad assumere con la mobilità 4mila unità e ha avviato la riqualificazione del personale, attesa da 20 anni. Ma ci sono serie difficoltà attuative perché le procedure di mobilità sono lente e non consentono la copertura di tutti i posti. Il ministro mi ha informato che per una parte importante le procedure si concluderanno a breve ma sarà comunque necessario un concorso. Per noi è essenziale, anche perché bisogna reclutare giovani cancellieri ed esperti informatici, capaci di gestire le innovazioni digitali del processo, introdotte e da introdurre.

Orlando le ha confermato che ci sarà un concorso?
Sì, lo ha già proposto in passato e tornerà a proporlo. Ovviamente occorre un intervento legislativo in deroga alla disciplina vigente.

Si vocifera di un «decreto efficienza», che fra l’altro conterrebbe anche la proroga per i capi degli uffici giudiziari. Le risulta?
Ne abbiamo parlato. Il pacchetto di norme che il primo presidente della Cassazione Gianni Canzio ha pubblicamente invocato per superare le gravi criticità della Cassazione e le carenze di personale amministrativo e di magistrati è materia urgente. Poi, se e quando fare un decreto è una decisione che spetta al governo e la valutazione dei presupposti spetta al presidente della Repubblica.

Anche con la proroga dei capi degli uffici giudiziari?
Non spetta a me dirlo ma è un tema su cui ho registrato ascolto.

C’è poi il fronte delle nomine dei capi degli uffici. L’accusa di Davigo al Csm è gravissima, non foss’altro perché proviene dal presidente dell’Anm. Peraltro, non nascondiamoci dietro un dito: Davigo ha detto quello che molti dicono, anche dentro la magistratura, sulla cosiddetta deriva correntizia, più volte denunciata anche dal Quirinale, soprattutto in passato. Lei rappresenta l’istituzione accusata, qual è la sua “difesa”?
Non mi nasconderò dietro un dito e risponderò con chiarezza perché è mio dovere difendere l’istituzione. Anzitutto il dottor Davigo ha smentito le sue dichiarazioni...

Suvvia, presidente, i resoconti giornalistici sono più che attendibili...
La smentita è stata da lui formulata, anche a me personalmente. Comunque, è vero: quel tipo di critica è antica, magari non con parole così forti e gravi, come quelle riferite dalla stampa. Da almeno 20 anni si parla di deriva correntizia, di eccesso di discrezionalità eccetera. Il Csm, non solo non deve sottrarsi, ma ha iniziato in concreto a dare risposte ben precise, anche perché da queste accuse può derivare una grave delegittimazione della magistratura italiana. Quel che temo di più è proprio questo: le critiche generalizzate e indiscriminate rischiano di incidere sul prestigio e l’autorevolezza della magistratura. Pensiamo all’incidenza sulla legittimazione dei dirigenti nominati finora – 355 - e quindi sul prestigio degli uffici che essi guidano. Però, mi consenta di fare una premessa essenziale.

La faccia.
La procedura selettiva dei dirigenti degli uffici giudiziari costituisce un unicum: in nessun altro settore pubblico c’è una regola che prevede il rispetto dei criteri di merito e il voto di un organo collegiale. La discrezionalità, che discende dalla Costituzione, si risolve essenzialmente nell’obbligo di motivazione della scelta e nel voto. Il plenum è un collegio elettivo in cui ci possono essere e ci sono differenti opinioni sui candidati più meritevoli di guidare un ufficio. Quindi si forma una maggioranza e una minoranza. Accade spesso che la minoranza e i candidati non nominati contestino la scelta finale e la considerino lottizzata; ma sta di fatto che la maggioranza non la pensa come loro. Inoltre, le decisioni sono ricorribili al Tar e ieri il presidente della Commissione Direttivi Lucio Aschettino, proprio sul vostro giornale, ha fornito dei dati molto importanti: le nomine sono unanimi per oltre il 70% dei casi, solo il 10% delle delibere viene impugnato (nel 2010 era il 24%) e solo il 2% dei ricorsi viene accolto.

Quindi, nessun problema?
Si può abolire il voto? No, perché il principio elettivo democratico discende dal dettato costituzionale. Si possono abolire le correnti? No, anche se molti lo vorrebbero, perché la libertà di associazione è sancita dalla Costituzione. Ciò non vuol dire che bisogna rassegnarsi. La soluzione è semplice: bisogna agire sulle regole di selezione e noi lo abbiamo fatto riscrivendo integralmente il Testo unico della dirigenza, approvato dopo un lungo confronto, alla presenza del capo dello Stato e con il concerto del ministro. L’Anm fu consultata. Non vanno bene quelle regole che hanno sancito più certezza e trasparenza? L’Anm ci faccia delle proposte. Per noi stanno funzionando e stiamo garantendo un ricambio eccezionale della dirigenza giudiziaria con risultati largamente condivisi negli uffici.

Eppure, proprio l’accusa di una deriva correntizia è alla base (sia pure strumentalmente) delle ricorrenti proposte politiche di riforma del sistema elettorale del Csm. Se il problema non c’è, che bisogno c’è di cambiare le regole elettorali?
La riforma elettorale preannunciata, e contenuta nelle proposte della commissione Scotti, sicuramente può migliorare, ma non prevede, né potrebbe farlo, l’abolizione delle correnti, perché non potrebbe farlo. I problemi riguardano, e non da oggi, taluni eccessi correntizi che vanno superati. Tutti sappiamo l’Anm è composta dalle correnti, che nominano il direttivo e il presidente. Quindi il dottor Davigo il problema ce l’ha a casa sua. Ci dica lui come si supera. Noi quel che potevamo fare, col sostegno convinto di tutti i componenti del Csm - che voglio ringraziare per il lavoro straordinario che stanno svolgendo -, lo abbiamo fatto. Il Csm lo stiamo cambiando davvero.

Le nomine meno trasparenti sono quelle cosiddette “a pacchetto”, cioè quelle contestuali, riguardanti un certo numero di posti, o di consiglieri di Cassazione o di sostituti procuratori generali. Qual è il rimedio?
A breve assumeremo una decisione importante: nell’ambito della riforma del regolamento interno, che approveremo entro metà luglio, modificheremo l’attuale sistema di voto, che prevede un sì o un no del plenum su un elenco bloccato proposto dalla commissione, senza possibilità di emendarlo, cosicché, se nell’elenco ci sono magistrati che una parte del plenum considera privi di requisiti, oggi non c’è possibilità di emendare la proposta. Con la riforma, invece, ci sarà: spariranno i “pacchetti” e si potrà votare anche nome per nome, con proposte sostitutive.

Dai giovani industriali Davigo ha parlato di corruzione dicendo, tra l’altro, che il Codice degli appalti non serve a niente e che il mondo scritto in quel Codice è «fantascienza, non il mondo reale». Condivide?
Rispetto le opinioni di Davigo anche quando non le condivido, il che ogni tanto accade. Prima di dare giudizi attenderei che una riforma così importante sia attuata.

La riforma del processo penale - 41 articoli pesantissimi - è di nuovo bloccata, com’era prevedibile, causa elezioni. Riprenderà in commissione il 22 giugno. Secondo lei è realistica l’approvazione entro luglio?
Quella riforma è importante e contiene molte misure positive e necessarie. Mi auguro venga approvata al più presto. Il ministro ha assunto l’impegno, che suppongo condiviso dai gruppi parlamentari della maggioranza, di approvarla definitivamente entro luglio. Mi auguro fortemente che ciò accada.
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