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L’assenza forzata del Cavaliere e l’attrazione grillina in Forza…

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l’analisi

L’assenza forzata del Cavaliere e l’attrazione grillina in Forza Italia

Operazione riuscita per Berlusconi e dunque una buona notizia alla quale, però, si affianca lo sbandamento di Forza Italia. Se il Cavaliere ha tenuto il partito sunm una linea moderata, con la sua assenza dalla campagna elettorale sono spuntate le prime uscite silo-grilline. La novità politica che ha portato l’assenza per malattia dell’ex premier è sostanzialmente una: che finora nessun esponente di Forza Italia aveva mai strizzato l’occhio ai 5 Stelle. L’aveva fatto Matteo Salvini esponendosi subito per Virginia Raggi a Roma ma la sua linea – si sa – è antitetica a quella del Cavaliere. Ora, però, in questi giorni di uscita di scena di Berlusconi hanno approfittato quelli che nel partito sostengono l’asse del Nord con la Lega e quindi anche il flirt con il Movimento. Un inedito perché se c’è stata una costante nelle campagne elettorali dell’ex premier è stata proprio l’avversione a Grillo che in diverse circostanze ha paragonato a un fascista o a un bluff. E dunque leggere che la Gelmini suggerisce di votare la candidata dei 5 Stelle a Torino, Chiara Appendino, colpisce. «Raggi e Appendino, perché no?» ha dichiarato in un’intervista a Libero. Questo fa pensare che c’è il tentativo di imprimere un’inversione a U alla linea del Cavaliere mentre lui è in convalescenza. Con delle palesi contraddizioni nel partito.

E cioè che i candidati del centro-destra reggono e si giocano il secondo turno proprio dove combattono la deriva populista. Milano è il primo esempio con la candidatura di Stefano Parisi marcatamente moderata, lontana da Salvini ma vicina a Maroni, lontanissima dai 5 Stelle. E lo stesso può dirsi a Napoli dove Gianni Lettieri si scontra con una versione del grillismo, quella di Luigi De Magistris che non a caso fa l’appello ai voti del Movimento. Anche Roma è un esempio. Lì si è giocata una partita per il comando del centro-destra tra Salvini e il Cavaliere ma è stata anche una prova di forza sulla linea politica e Berlusconi ha fatto una scelta precisa schierandosi con Marchini e azzoppando la versione estremista a trazione Salvini-Meloni. L’anziano leader, insomma, pur di non avallare un centro-destra populista ha preferito la sconfitta e l’esclusione dai ballottaggi.

Ma ora la sua assenza dalla scena costretto da motivi di salute, sta provocando un nuova forzatura dell’asse del Nord, una sfida aperta all’altro versante del partito che invece ragiona secondo gli schemi berlusconiani. E dunque proprio mentre si giocano ballottaggi importanti, c’è chi prova ad archiviare uno schema politico ed elettorale. Che Berlusconi aveva radicato nel partito. Addirittura in un comizio di qualche tempo fa descrisse uno scenario in cui al ballottaggio sarebbero andati il Pd e Grillo e «questo sarebbe una tragedia perché vincerebbe il signor Grillo, i cui discorsi in alcuni passaggi assomigliano a quelli che faceva il signor Hitler». Non c’era andato leggero. E soprattutto aveva individuato il “nemico” nei 5 Stelle non nel Pd.

Anche per questa ragione Renzi ha più di un motivo per tifare per Berlusconi. Perché con lui in campo il centro-destra è dentro un gioco “repubblicano”, quello cioè di fare da argine ai populismi di Grillo o di Salvini. Un gioco a due che consente al leader Pd di non combattere da solo alle urne una gara tra sistema e anti-sistema. In cui sicuramente, come diceva in quel comizio il Cavaliere, avrebbe una vittoria più facile il Movimento. Insomma, senza Berlusconi in campo forse ci sarebbe una ragione in più per cambiare l’Italicum.

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