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Pensioni, nella partita sull’Ape anche rivalutazioni,…

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L'Analisi|confronto governo-sindacati giovedì 23

Pensioni, nella partita sull’Ape anche rivalutazioni, ricongiunzioni e usuranti

Rivalutazione delle pensioni e ricongiunzioni dei contributi. Il prossimo round tra Governo e sindacati in calendario giovedì 23 sul piano di Palazzo Chigi per rendere flessibili le uscite verso la pensione dovrà affrontare anche questi due nodi, cui si aggiunge la promesso semplificazione dei criteri per la selezione dei lavoratori usuranti di un anticipo già previsto dalle regole attuali. Il meccanismo sull’Ape, Anticipo pensionistico per gli “over 63”, resta comunque il piatto forte del confronto.

Anche in questo caso sono diverse le questioni ancora aperte. A cominciare dalla calibratura delle detrazioni fiscali con cui dovrà essere attutita la decurtazione dell’assegno anticipato attraverso il prestito pensionistico-bancario rispetto alla “potenziale” pensioni di vecchiaia piena almeno per i redditi bassi e i lavoratori in condizioni maggiormente disagiate (ad esempio i disoccupati di lungo corso). Da chiarire sarà anche la definizione dei paletti per l’accesso all’Ape dei lavoratori autonomi e anche degli “statali” mentre per i dipendenti privati verrà definita la diversa determinazione degli sgravi fiscali seconda dei redditi e delle posizioni di partenza dei soggetti coinvolti: per esempio, l’eventuale ricorso a un contributo aziendale per le situazioni di crisi con esuberi.

Sul tema dell'indicizzazione delle pensioni, le cosiddette rivalutazioni, il Governo parte dal dato di fatto che nel 2017 si dovrebbe tornare alla perequazione su tre fasce prevista dalla legge 338 del 2000. Si uscirebbe dunque dalle cinque fasce che erano state introdotte dal Governo Letta e che prevedevano una copertura solo fino al 50% delle pensioni tra le 5 e le 6 volte il minimo. La scelta da effettuare, soprattutto in tempi di deflazione, potrebbe essere non neutrale sulle dinamiche di lungo periodo della spesa previdenziale. Sembra comunque da escludersi un rimborso ulteriore rispetto a quella previsto dal decreto varato del Governo nel 2015 dopo la pronuncia della Consulta sulle indicizzazioni congelate dalla riforma Fornero.

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